Ci sono dischi che quando cominci a sentirli non li smetti più. Ti rimangono sul lettore, su qualunque supporto usi, per mesi. E non riesci a toglierli. Fino a che tutti quelli che ti conoscono, tutti quelli che condividono la tua vita non ne possono più. E altri che no. Altri che stanno lì, in uno scaffale, magari da mesi, magari da anni. E non li senti più. Eppure sono fondamentali. Eppure, se dovessi dire cosa salveresti, in una ipotetica isola deserta, uno dei primi dieci dischi sarebbe quello. Questo. On the road dei Traffic. Non forse il loro disco migliore (ma qui invero non saprei esattamente pronunciarmi, non proprio la mia tazza di tè, come dicono gli inglesi). Non certo il migliore disco che possiedo. Un disco dal vivo, dalle parti allemanne, se ben ricordo. Un titolo che spalanca mondi. E buona musica, certo. Registrata da cani. Come in quello (ma si possono fare recensioni incrociate?) che continuo a ritenere il miglior disco, il miglior pezzo dal vivo mai registrato, quel 21st Century Schizoid Man da Usa dei King Crimson, distorto e allucinato, per scelta e per problemi tecnici. Chiusa parentesi. Riprendo. Buona musica. E una roba indimenticabile. Si chiama (Sometimes I feel so) Uninspired. La parentesi non è mia. È nel titolo. E io, le parentesi, le amo. C'è una voce, lontana, che comincia a cullarti. Non è una voce indimenticabile. È una voce quasi sommessa. Che ti canta piano. Quasi a darti una pacca sulla spalla. E ti racconta. Che cosa, dico la verità, non lo so, non l'ho mai ben capito. Ma le parole non sono importanti. Le parole passano. Arriva la musica. E che cosa abbia, di speciale, la musica di questo pezzo qui, non lo so dire. Però lo è. Se dovessi sforzarmi direi che sembra di sentire che chi la suona la suona come se fosse l'ultima volta. Come se fosse la volta che vale tutto. E poi un'altra cosa. La suona stando ad ascoltare cosa suonano gli altri. E si sente. Quando succede si sente. La voce riprende. Non è la voce migliore che conosca. Ne conosco certo mille meglio. Eppure ti coccola, ti culla, ti racconta una storia. Che storia non lo so. Non ha importanza. Ti racconta ancora un paio di frasi, e poi si spegne, se ne va via sfumando. E riparte il piano, il sax, la chitarra, tutto. Un diluvio. E adesso lo sai. Stanno davvero suonando come se la loro vita dipendesse da quello. Stanno suonando come se fosse l'ultima cosa che fanno nella vita. Stanno suonando - tutti insieme - come se ti volessero dire qualcosa.

Che cosa non lo so.

È per questo che questo pezzo, non è nel mio lettore, non lo sento da secoli, non lo dimenticherò mai, è sempre con me.

Carico i commenti... con calma