Steve Brown, Blaine Reininger e Peter "Principle" Dachert. Tre geni americani che nel 1977, a San Francisco, alzano la voce alla roboante e multiforme scena post punk-industrial britannica. Sono accompagnati dal cyber dei Chrome e dal collage dei Residents di "Not Available". Ancora oggi stride paurosamente "No Tears", gemma del primo periodo, e riesce a colpire il cuore perfino dei Matia Bazar di "Tango". I suoni sintetici della new wave iniziale e le avanguardie colte degli svolazzi del violino e del sax impreziosiscono non poco il sound del combo. Per il completamento del volto, dello stile e dell'assetto della band sono essenziali i primi 45 giri, singoli e concerti.

Dal funky tinto di nero del sax, a tratti acerbo, si passa alla consacrazione nel 1980 con il primo album "Half Mute". La linea è minimale, con un'impostazione quasi progressive/Canterbury, e l'originalità, la caparbietà e la lungimiranza che si nota sin dai primi secondi. L'anno è importante per il fluire della continuità della scena new wave/post punk, e opere come "Metal Box" dei PIL e "Y" dei Pop Group sono già uscite e anarchie spaventose si intravedono nei This Heat. La suggestiva copertina di "Half Mute" ci rapisce con il rosa della scena, che crea sospensione, oppressione e astrattismo. Le linee di basso saranno essenziali più di quelle dei Cure per personaggi come il nostrano Maroccolo e dialogano perfette con il sax in "59 To 1" e "Fifth Column".

Già dall'inizio si comprende l'idea del creare composizioni brevi e quadrate ma aventi l'immediatezza e lo spazio per improvvisarci sotto. Si intuisce un'estraniante bellezza in terreni fertili come loro, gli Echo & The Bunnymen, gli XTC e i Gang Of Four. Anche la fine degli Settanta è quindi caratterizzata da una vivacità della scena musicale che è disarmante. Non ci si deve soffermare alla scena frivola e melensa della disco music o dell'anonimato di alcune scelte funky. Non è solo brillantina, capelli cotonati e luci. E' la fase di un incupimento dell'animo, di una consapevolezza anche eccessiva della vuotezza della vita e di molte menti che si gettano in atonalità, forme scarne e nevrotiche.

I Tuxedomoon di questo capolavoro sono tre fantasmi che compaiono e si nascondo nella realtà, che mostrano un lato nascostissimo dello spirito e ci incuriosiscono nella loro nebbia. Sono ombre che suonano musica da camera in una stanza dove le finestre della nostra mente si affacciano. E il senso di vulnerabilità è alto come quello dell'orecchio a contatto con "Die Zeichnungen Des Patienten O.T." degli Einsturzende Neubauten. Questa particolare scena musicale cura le perversioni della mente quasi in modo materno, giustificandole, quando però tutto ci sembra già visto, scontato e vuoto. E' pericoloso addentrarsi in ciò ma è veramente consigliabile a chi possiede una sensibilità elevata, uno spirito critico che si riversa, non solo nell'ascoltare musica, ma anche nel quotidiano.

Questi lamenti dell'Eno più desolato e il dadaismo esplicato dalla bellezza del sax sono le componenti che lasciano il segno in questa opera. Il free jazz è l'alibi per sconfinare i propri malesseri, le proprie paure e le proprie convinzioni. Si impregna la melodia di dissonanze, la si controlla strozzando i suoni, e con i essi si attua un rapporto masochista che non lascia scampo all'immaginazione dell'ascoltatore. Ogni brano è il manifesto di tutto ciò e nessun altro lavoro riuscirà ad essere così espressivo. "Desire" e "In A Manner Of Speaking" sono gli unici successivi bagliori che la band attravverserà, ma da assaporarne è l'importanza sopraffina della struttura compositiva.

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