“War” uscì nei negozi nel Febbraio del 1983. Gli U2 iniziarono il “War Tour” due giorni prima della pubblicazione dell’album. La prima fase (26 Febbraio – 23 Aprile) fu in Europa per un totale di 29 date, prima dell’intensa fase americana (23 April – 29 June) con 48 date in appena due mesi (quasi un concerto al giorno).
“Under a Blood Red Sky” raccoglie le esibizioni degli U2 nella loro amata Boston, città che li aveva accolti sin dal 1980 (quando da perfetti sconosciuti vi fecero un concerto in un locale davanti a quattro spettatori), e nel meraviglioso anfiteatro di “Red Rocks” (scavato ai piedi delle Rocky Mountains, a Morrison, nel Colorado).
Il concerto a “Red Rocks” è diventato un famoso documentario trasmesso innumerevoli volte da MTV nei primi anni 80. Il video di “Sunday Bloody Sunday” con Bono che alza la bandiera bianca è proprio l’esibizione degli U2 a “Red Rocks”.
In un live degli U2 non ci si può aspettare particolari novità rispetto alle canzoni originali, come le dilatazioni che operavano i grandi gruppi degli anni 70 che trasformavano i loro live in un mondo a parte rispetto alle versioni in studio. Comunque, “Under a Blood Red Sky” riesce a dare tanto in termini di energia. È un disco breve e diretto come pochissimi altri, senza un attimo di respiro. Questo spiega il suo straordinario successo commerciale: otto milioni di copie.
L’apertura è affidata a “Gloria”, il singolo più famoso di “October”, una lode a Dio. La canzone è accelerata rispetto all’originale con il suono di batteria più massiccio rispetto alla versione-studio. Tutto nella norma fino a quando Bono fa cantare il pubblico durante l’assolo di Edge. Poi quando la palla dell’assolo passa al basso, Bono urla “Adam Clayton!”, prima di presentare la mente del gruppo: “This is the Edge!”, cui segue un’ovazione. Poi il gran finale di Vox fino al tripudio del pubblico.
E si passa alla furiosa “11 O’Clock Tick Tock”, una della canzoni più amate dal pubblico degli U2 dei primi anni 80. Ripetuti ascolti fanno pensare che questa versione sia stata mixata in studio, perché il cantato è troppo perfetto per essere stato fatto in un live. Gli U2 sapevano che la versione singolo di “11 O’ Clock Tick Tock” andava migliorata e accelerata usarono l’occasione di questo live per farlo. Il risultato è strepitoso, con i contrappunti di Edge semplicemente perfetti. Molte persone non sospettano nemmeno l’esistenza di questo brano che annovera, tra le altre cose, uno de più bei riff e assoli di tutta la loro discografia. Bono semplicemente grandioso.
Si passa a I Will Follow, il brano iniziale di Boy. La batteria di Mullen impera energica per tutto il brano e, in realtà, per tutto il concerto. The Edge distorce a dovere; qui il suono è molto meno pulito della versione-studio. A tutto il resto pensa Bono che, come al solito, dà tutto se stesso.
Si passa a "Party Girl". Mentre nella versione-singolo si inizia con la chitarra acustica e senza batteria, qui Edge usa la chitarra elettrica con poca distorsione. Nella versione-singolo Bono canta con una voce leggermente malinconica e un po’ artefatta. A “Red Rocks” la sua voce è molto più virile e sicura e la batteria di Mullen molto più presente. Dopo averla suonata varie volte in concerto, gli U2 avevano capito come darle più energia. Questione di gusti dire quale sia la migliore. Un vero peccato che questo brano non sia apparso su War. Bastava credere di più nella canzone vista la sua straordinaria forza melodica.
Durante l’assolo di Edge, Bono urla: “This is our hero”, un tributo all’amico, cervello della band, guardato quasi con venerazione dal cantante nel concerto di “Red Rocks”. Maestoso, forte e silenzioso, il The Edge dei primi anni 80 è stato uno dei personaggi più carismatici mai visti su un palco. Mai una ruffianeria verso il pubblico per attirare attenzione, sempre concentrato, mai una posa, una sicurezza negli occhi che non potevano non colpire. Una presenza ipnotica. Purtroppo, con gli anni, il suo carisma si eclisserà e, dal 1987, sarà Bono a diventare il leader della band. L’ultimo Edge capace di affascinare lo troviamo nel “Making of The Unforgettable Fire” e nel tour di supporto di quell’album.
Ma stiamo divagando; torniamo al disco. Prima di presentare “Sunday Bloody Sunday” Bono premette: "Questa canzone ha fatto parlare molto, forse anche troppo. Questa non è una canzone di rivolta; questa è “Sunday, Bloody Sunday”!" E, ovviamente, il pubblico va in delirio, prima per l’inconfondibile intro di batteria e poi per l’inconfondibile arpeggio di chitarra. Interessante l’intro vocale di Bono che qui è prolungato rispetto all’originale. L’effetto è ottimo. Qui non ci sono né la chitarra acustica né il violino presenti nella (inarrivabile) versione in studio, e quindi tutto il lavoro viene svolto dalla chitarra distorta. Il confronto con la versione in studio non regge, ma l’impatto emozionale è comunque forte. Poi, a canzone conclusa, il gruppo riparte ripetendo il titolo.
“The Electric Co.” inizia con “The Cry”, una prima versione di “Is That All” di “October”, prima dell’inizio vero e proprio. Uno dei classici rock-arena della band. La canzone vera e propria parte dopo un minuto col suo classico riff. Due strofe velocissime una dopo l’altra, poi di nuovo il riff; poi l’assolo sorretto alla grande dalla batteria. Due colpi di rullante e l’intermezzo lento (tipico dei primi U2); chitarra in feedback; leggera batteria; poi la voce di Bono che sembra venire dal nulla e via via verso il furioso finale. Qui siamo una spanna sopra la versione di “Boy”.
In “New Year’s Day” abbiamo un inizio di batteria e basso, e Edge che va alla tastiera e inizia il suo lavoro sorretto perfettamente da Clayton e Mullen (che picchia duro sul charleston). Al momento dell’assolo, Edge lascia la tastiera e passa alla chitarra. Ottima versione, ma anche qui la versione in studio non teme rivali.
E finalmente “40”. Bono chiede al pubblico di cantare con lui. Clayton passa alla chitarra e Edge al basso, perché fu il chitarrista a inventare il giro di basso che è alla base della canzone. Nella versione live manca l’atmosfera metafisica della versione-studio, per la difficoltà di riprodurre il coro angelico presente in “War”, ma il calore del pubblico compensa benissimo.
Dopo aver detto “Good Night!”, Bono lascia che il pubblico prosegua da solo cantando “How long to sing that song?”. Un gran finale.
35 minuti per un disco quasi perfetto. Quasi perché “October” (singolo dell’album omonimo) e “A Day Without Me” suonate a “Red Rocks” sono davvero degne delle rispettive versioni-disco e avrebbero dovuto trovare un posto qui dentro.
Non mi resta altro che invitarvi ad andare su You Tube per vedere tutto il concerto. Rimarrete affascinati, tra le altre cose, dall’illuminazione naturale creata dal fuoco che resiste alla pioggia che cade durante l’esibizione. Buona visione.
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