Ogni tanto è meglio vincere la pigrizia e dar retta all'amico che ti vuole tirare in mezzo per un concerto, anche se degli artisti in questione non hai mai sentito parlare. Ogni tanto ha senso anche recarsi in un locale che ti fa pagare la tessera ARCI più di altri posti, manco fosse più esclusivo il loro circolo... Così, seduto attorno ad un tavolino tondo cerco di aprire le orecchie il più possibile (visto che ho già dovuto compiere due sforzi notevoli...).

Questo gruppetto americanoide (hmm ...ma lo sono) ti ispira in fretta simpatia. Impegnato a dar vita a melodie elettro-rock-postrock-indie di palese derivazione TomYorkiana, l'Uzi & Ari sound non rimane però fermo a tessere le lodi al fenomeno citato ma prova a decollare di canzone in canzone verso lidi personali riuscendo nell'impresa. Li vedi calpestare un palchetto nemmeno troppo capiente con grande spontaneità, quella che hanno solo le band mature (almeno due o tre pezzi cantati praticamente per terra dalla mente del gruppo, Ben Shepard, per poter smanettare con il mucchietto di effetti sparsi).

Il tempo passa in fretta (quando succede è perchè va tutto bene) e non sei nemmeno andato a prendere la seconda birra perchè l'attenzione è rivolta esclusivamente a loro. Finita l'esibizione, per rendere l'idea, esco dal luogo in questione appagato, con la pancia piena e leccandomi i baffi come quando si esce dall'osteria Buona. La pacca sulla spalla all'amico è d'obbligo, come prelevare dal banchetto "It Is Freezing Out", album del quale ora è meglio addentrarsi nei particolari.

Lo so, l'ho già menzionata la reminiscenza Radioheadiana, ma il disco lancia la voce di Ben (dopo una breve intro) sopra ogni altro strumento, e quello che ti viene da pensare è "...Kid A in effetti era veramente stupendo".
"Don't Black Out" è un l'assaggio che mette subito in chiaro un po' di cose, oltre a quelle già segnalate, e se da una parte mette in guardia (una proposta così va ascoltata attentamente) dall'altra ti lascia nella piacevole attesa che un esplosione di suoni si succeda alla delicatezza di uno dei tanti momenti malinconici del disco, per poi ritornare sazi a gustarsi nuovamente le sonorità delicate di poche note che escono da una chitarra acustica piuttosto che da un Rhodes.

Quello che più mi convince è l'uscita di ogni singolo suono, dal fiato di una voce pronta a sussurrare all'avvolgente calore delle chitarre sia pulite che distorte. E' un bel disco, arrangiato con i fiocchi ok, ma dato che non ci troviamo davanti ad un capolavoro di originalità è bene accorgersi di come sta arrivando alle nostre orecchie il tutto.
Quando mi sono imbattuto per la prima volta nella quarta traccia, "Asleep In Armor", non mi sono reso subito conto che sarebbe poi diventata la mia preferita in assoluto, c'ho messo un po' a realizzarlo. Ma adesso fatico a non sentirla almeno una volta al giorno. Il pezzo in questione è un po' la sintesi del disco nella sua totalità. Racchiude in pochi minuti il morbido e l'acido che questo album sprigiona. Sarà perchè sono facilmente persuasibile da certe melodie motorpsichedeliche, ma più l'ascolto più comprendo che è ugualmente stupendo farsi coinvolgere in questo modo da canzoni che non vivono della loro unicità bensì della loro carica di adrenalina, emotività e poesia.

Cito altri pezzi quali "Mountain Molehill" e "Trainwreck" come unici picchi di volume in un disco sostanzialmente "calmo" ma felicemente impreziosito dagli arrangiamenti mai banali di queste giovani menti provenienti dall'Utah, dal Texas e dall'Alabama. Non mi dilungo nemmeno nell'analizzare pezzo per pezzo "It Is Freezing Out", chi è rimasto incuriosito e non li conosce ancora avrà finalmente la possibilità di mettere in bacheca un'altro grande gruppo con la "U", e non capita spesso.

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