Una premessa prima di cominciare: un'altra recensione, senza dubbio migliore di quella che mi accingo a scrivere, è già presente nel sito. Dunque le motivazioni che mi spingono a scriverne una nuova è dettata dalla semplice necessità di volere adulare ulteriormente le indubbie qualità di 'Present'. Inoltre mi pare dovuto scrivere su di un album che è così misconosciuto al pubblico del nostro Paese.
Purtroppo il mercato musicale italiano ha raggiunto livelli di una bassezza tale che ormai ci è concesso conoscere ciò che di peggio arriva da America e Inghilterra, di cui la produzione italiana si presenta come un appannato riflesso. Ma non vorrei addentrarmi troppo in questo discorso apocalittico. Voglio solo puntualizzare che finché su emittenti quali MTV o All Music passerà tutta questa merda il consumatore medio non potrà mai venire a conoscenza di simili capolavori...
"Capolavoro". Ho utilizzato un termine che bisogna trattare un po' con le pinze. Ma lo giustifico con questa semplice affermazione: nel panorama musicale attuale, l'ultimo album dei Van Der Graaf Generator è un capolavoro. E non è un caso, infatti, se il titolo assegnato a questo album sia proprio 'Present'.
Ulteriore premessa, questa volta di tipo storico: i Van Der Graaf Generator si sono lasciati nel 1978, ossia nella seconda metà degli anni Settanta, periodo in cui la crisi del rock aveva investito pressoché ogni band. New wave e punk stavano già scatenandosi in ogni parte del mondo, così anche i membri di questa straordinaria band sentono il bisogno di separarsi per intraprendere carriere soliste. All'improvviso, quasi trent'anni dopo, in un simile Presente, salta fuori che i Van der Graaf Generator sono tornati in studio e hanno prodotto un nuovo album. Francamente, la mia curiosità non era alle stelle. Non mi aspettavo nulla di sconvolgente dalla band di Hammill & company, ma partivo effettivamente troppo prevenuto: innanzitutto avevo in precedenza già assistito alle deludenti reunion di altri gruppi progressive come gli Yes o i King Crimson, esperienze che mi avevano lasciato davvero amareggiato, in virtù anche del fatto che queste straordinarie band in passato avevano prodotto album davvero memorabili, tra i migliori della storia del rock. Ma siamo sempre lì. Prima di quel maledetto 1975. L'anno che, non solo per convenzione, segna l'inizio di una nuova era. L'anno in cui proprio i King Crimson pubblicano l'epocale 'Starless' e l'anno in cui Peter Gabriel, avvertendo nell'aria il cambiamento, abbandona i Genesis nelle mani di Phil Collins.
Ma 'Present' si presenta come un'altra storia. Non credo sia corretto affermare che l'album ignori i quasi 25 anni di evoluzione musicale che hanno accompagnato la pausa della band. Perché è successo molto (e forse troppo) nel panorama musicale: il punk, la disco-music, lo stra-invasivo pop commerciale, fino alle pesanti sonorità dei club sotterranei. E' pur vero che 'Present' rimane fermamente ancorato alle sonorità degli anni ‘70 e che rivive la straordinaria solennità dei Van der Graaf Generator. Fin dal primo straordinario brano, 'Every Bloody Emperor', pare evidente una cosa: il tempo non è Passato. I ritmi jazzati di Evans, le linee impazzate dei fiati di Jackson e le sempre acide e tormentate tastiere di Banton, fino alla drammatica voce di Hammill: sono proprio loro, i Van Der Graaf Generator. Non mi dilungherò a scrivere dei brani singolarmente, lavoro già stato fatto nell'altra recensione. Mi limiterò a dire che i brani di questo primo album nulla hanno da rimpiangere alle grandi composizioni del progressive rock classico. La complessità e allo stesso tempo la compiutezza espressiva delle canzoni spaziano in atmosfere disparate (insaporite di jazz in 'Boleas Panic', sublimi e teatrali in 'Abandon Ship!', inacidite, intrecciate e laceranti in 'In Babelsberg'). Ma questo è solo il primo dei due album.
Tutta'altra storia riguarda questa seconda facciata. Le straordinarie improvvisazioni in studio si susseguono per oltre un'ora attraverso costruzioni e fughe d'impronta progressive, psichedelica e d'avanguardia. Di fronte alla inconsueta produzione di queste esecuzioni l'ascoltatore ha due possibilità: adorarla o rifiutarla in blocco. Certo l'impeccabilità tecnica dimostrata dai musicisti è ineccepibile, ma altrettanto esplicita è la loro inclinazione verso un sound tutt'altro che vellutato. Forse la prima facciata è più facile all'ascolto, ma questa seconda non nasconde certo il suo intento di faticosa digestione. Cacofonie irrisolte, spontaneità veicolate dai propri strumenti e tradotte in melodie sgretolate e atmosfere aspre. Il titolo della prima traccia forse si presta bene a chiarirne la materia: 'Vulcan Meld'. Miscuglio di forme vibranti, di conoscenze astratte.
Chiudo allora questa (eccessivamente) lunga riflessione con un ringraziamento. Un ringraziamento a loro, ai formidabili Van Der Graaf Generator, che con 'Present' ci ha fatto rivivere le straordinarie emozioni degli anni d'oro del progressive rock. Quando il rock non era un prodotto studiato a tavolino, ma il frutto di una band dalle capacità tecnico-artistiche di altissimo livello. Quando il rock aveva davvero qualcosa da esprimere.
Quando il rock era degno di essere chiamato tale.
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