Rispuntano a sorpresa nel 2005.

Li avevamo lasciati, anzi ci avevano lasciati così, quasi in punta di piedi, i Van Der Graaf Generator, con l’ultimo album di studio (The Quiet Zone / The Pleasure Dome, del 1977) e con un live conclusivo, Vital del 1978, a sancire la fine definitiva dell’attività del gruppo.

Ma questi due album avevano lasciato molti punti interrogativi: l’assenza di David Jackson e Hugh Banton, il violino di Graham Smith al posto del sax, il ritorno del bassista Nick Potter. No, non poteva finire così, perché proprio quando nessuno più si apetta di sentirne anche solo nominare il nome, il quartetto maledetto del Progressive inglese torna in pista. E lo fa in grande stile. Solo quattro volti nell’oscurità: una copertina che fa già presagire il mood dell’album intero. Una grande ballata gotica apre infatti 'Present', il nuovo classico della band Every Bloody Emperor. Qui Hammill canta come ai vecchi tempi e le tastiere da lui suonate insieme a Hugh Banton fanno il resto. Le lyrics sono oscure come sempre: Hammill si scaglia contro tutti i personaggi che, assetati di potere, ne hanno abusato, finendo irrimediabilmente per affondare; ma parla anche della gente che vive sotto questi regimi, che si riduce al ruolo di “servi e schiavi” .

La strumentale Boleas Panic è stata scritta dal sassofonista e flautista David Jackson e si tratta di brano oscuro, con i fiati naturalmente in grande evidenza. Nutter Alert è l’altro grande pezzo dell’album, in cui la voce di Hammill evoca nuovamente tutta la drammaticità che già conoscevamo in passato. Angosciosamente fantastica. In Abandon Ship quel genio di Peter Hammill prende in mano la chitarra, la suona con effetti strambi, ci canta sopra linee vocali particolari e poi quasi recita negli intermezzi. E poi c’è In Babelsberg, un altro brano complicato, come il precedente, dove i ritmi di batteria sono insuonabili, ma non certo per il grandioso Guy Evans. Infine On The Beach, una ballata calma, degna di pezzi del passato come Refugees. Ma la festa non è ancora finita.

Non uno, ma due sono i Cd: un grande regalo per ogni fan. Le improvvisazioni in studio, ah, un’inascoltabile prog-goduria, impossibile da commentare canzone per canzone. Chi resiste all’ascolto fino alla fine può definirsi un vero Progman (un po’ come il live Thrakkathak dei King Crimson). Un ascolto complicato, è vero, ma da incorniciare. Si tratta di una grande reunion dunque (gruppi come i Genesis dovrebbero imitarne l’esempio!), nata per caso nel 2004 durante una cena fra vecchi amici nel cottage di Peter Hammill. Riprendere in mano gli strumenti è apparsa subito come un’idea straordinaria al gruppo, che da troppo tempo era immerso in altre attività: David Jackson lavorava con i bambini disabili, Hugh Banton ha aperto un’azienda che costruisce organi, Guy Evans era insegnante di batteria, mentre Peter Hammill è stato l’unico a non aver lasciato il palcoscenico con una grande carriera solistica all’insegna dell’ originalità.

Averli ritrovati nei negozi di dischi con un album nuovo è stata una grande emozione, figurarsi cosa ha provato chi, come me, li ha visti dal vivo al Conservatorio di Milano, quel magico 11 giugno 2005…

Carico i commenti... con calma