Song of the Silent Land è la prima compilation di una delle maggiori realtà del panorama rock anticonvenzionale moderno: la Constellation Records di Montreal, Canada.
Lontana dagli stilemi della musica pop da Elvis in poi, la CST annovera fra i suoi artisti alcuni dei nomi di riferimento in campo di ricerca intorno al tema del rock, capaci di creare intorno ad essa, dalla seconda metà degli anni Novanta, uno sparuto ma fedele seguito di cultori che l'hanno mantenuta in vita nella buia e luminosa epoca del peer to peer.

Quello della Constellation è uno di quei cataloghi di cui il post-rocker integralista sogna di possedere tutti i titoli, e se dal punto di vista della distribuzione ci si deve ovviamente appoggiare ad altre etichette, specialmente per il mercato europeo, in casa CST non si lesinano sforzi ed inventiva in fatto di artwork e packaging dei cd, sempre ben confezionati ed innovativi.
Come questa raccolta di brani che sta al cospetto di numerose altre compilation, come il paganesimo stava al Cristianesimo ai tempi dei Padri della Chiesa.

Apre Elizabeth Anka Vajagic, con una versione alternativa di un pezzo del suo ultimo ed unico album, spogliata e altrettanto evocativa di un folk noir al femminile che in questi ultimi anni ha proposto preziosi precedenti. Il combo made in Toronto Do Make Say Think propone una miscela riassuntiva del loro Winter Hymn Country Hymn Secret Hymn in cinque esaltanti minuti, spazianti fra dub, percussioni industrial, chitarre arpeggiate e sezione ritmica free-jazz: un bellissimo caos. In linea con le loro recenti produzioni, ecco sfilare i Silver Mt. Zion a contribuire con una traccia inedita di otto dissonanti minuti, e il folk giudeo dei Black Ox Orkestar - il cantato è in yiddish, ovvero un tedesco arcaico frammisto a parole di origine slava ed ebraica - forse proprio per questo non rilassante come il pezzo dei Sofa, un ibrido in fondo necessario fra il trascinarsi stanco dei Low di Things We Lost in the Fire e il cantato sofferto di Ian Curtis.
Sackville, apparentemente parente stretto del desolato Steve Von Till solista, non lascia il segno stretto fra questi artisti, e il sottofondo dub intorno al tema del noise-rock dei Fly Pan Am non innalza il livello di una raccolta di tracce che gioca la sua carta migliore nel finale. Anticipati dal mix alternativo di una canzone dall'ultimo Frankie Sparo, ecco a chiusura di questa prima raccolta della CST l'outro di un concerto francese dei Godspeed You Black Emperor!, che regalano sette minuti e trenta secondi secondo la loro concezione del rock, dove archi, percussioni, chitarre cariche di feedback e suoni di strada si mescolano in unico flusso puro e selvaggio al tempo stesso, dolce e vorticoso, progressivo e circolare. Inutile prolungarsi.

Avanguardia dunque, e in varie forme e colori.
C'è poca buona musica che segue i circuiti principali, e che, inspiegabilmente o meno, vende bene. Scegliamo quindi di condividere le parole di un saggio disperso nell'etere - "l'esaltazione per nomi di terziaria qualità artistica, dovuta al degenerare del palinsesto radiofonico e del circuito propagandistico che ha ormai contaminato perfino la programmazione notturna di un'emittente televisiva multinazionale che si fa portavoce della musica giovane nel sistema fragile della televisione, è sintomo della grave analfabetizzazione musicale dei nostri tempi" - in chiaro ed evidente allineamento con la posizione espressa nel manifesto della Constellation Records, pubblicato online nel sito ufficiale della casa discografica.

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