Un rito. Una tradizione. Una religione. Una cazzata. Una routine. Un chissàperchè.
Non so perché io, e milioni d'altri, andiamo sempre a vedere Vasco, ogni volta che se ne va in giro a cantare.
Forse per quelli giovani è moda, identificazione... mah...
E forse per quelli vecchi come me è una sorta di psichiatrico volo all'indietro, verso il proprio passato, il proprio ieri, verso quella chitarrina strimpellata con fare ribelle nelle feste di parrocchia degli ottanta.
Insomma.. .ragioni futili ed al contempo buonissime, quelle che ci portano a vedere Vasco, anche quando i concerti erano deludenti o semplicemente troppo incentrati su brani di dischi recenti, iperprodotti e poco densi di significato.
Questa volta no.
Questa volta mi sono divertito davvero, e davvero tanto.
Anzitutto il mio fraterno chitarristo acustico mi ha comprato, alla traditora, i biglietti nel campo.
Alla nostra età... E allora, se una cosa la si deve fare, la si faccia bene, per dio. Sotto il palco, con ragazzini e ragazzine urlanti, tutti pervasi da erba spinella che chissà come è riuscita a superare gli efficientissimi cani poliziotto dell'ingresso. Noi, coi nostri capelli bianchi e i nostri sigarilli Cohiba...
E Vasco non lo si vedeva in questa forma da tempo immemore. Forse da mai. Da giovane era grandissimo, per il vero, ma, detto con onestà, era tutto fuorché in forma.
Ora salta e canta per due ore e mezza. Fa tantissime canzoni. Intrattiene il pubblico con quasi mezz'ora di siparietto acustico, solo voce e chitarra, quasi al centro del palco, accontentando tutti, da chi aveva vent'anni, o dieci, con Sally, a chi è cresciuto con Jenny E' Pazza e Non Siamo Mica Gli Americani (sì, giuro, le ha fatte tutt'e due, e pure bene, con la giusta dose di disperazione la prima e di goliardia la seconda).
Il resto del repertorio spazia tra il vecchio ed il nuovo con poche, davvero poche, concessioni al pecoreccio classificaro recente.
È chiaro: Vasco è e resta un industria, un ex autore, un monumento alla contemporaneità, sia buona che cattiva.
Ma sa stare sul palco, e sa fare il suo lavoro.
Sa divertire ragazzini figli di chi aveva vent'anni ai tempi di Albachiara e ragazzi invecchiati che ne hanno quaranta ai tempi del Mondo Che Vorrei.
Vasco è Vasco. Piaccia o no. Positivo e negativo. Vero e falso, profondo e pecoreccio. Se non fosse un'imperdonabile botta di retorica, verrebbe da dire che rassomiglia un po' alla vita.
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