Si dice che non sia mai esistito peggior mascalzone di Stingy Jack in tutta l'Irlanda. Pare che i suoi debiti, contratti con i numerosi pub dove andava regolarmente ad ubriacarsi, fossero talmente colossali da averlo spinto ad offrire l'anima al diavolo pur di cancellarli e continuare a bere. Nemmeno quando il demonio tornò a riscuotere ciò che gli spettava si rassegnò; al contrario, dopo aver fatto arrampicare la creatura su di un albero, intagliò un crocifisso sulla corteccia, impedendole così di tornare a terra, se non a patto di essere lasciato in pace. L'essere infernale acconsentì alla richiesta dello scaltro furfante e se ne tornò nel proprio regno, lasciando l'esultante Jack a compiacersi per il successo del suo imbroglio.

A dispetto delle apparenze, queste parole risultano estremamente pertinenti se vogliamo parlare di un "Will of the Wisp" (fuoco fatuo), poiché tale aneddoto popolare irlandese si dà il caso essere uno dei più conosciuti tentativi di inquadrare, in linguaggio prettamente folkloristico, il fenomeno delle inquietanti luci spettrali che per moltissimo tempo hanno fornito materiale in abbondanza per pittoresche storie di fantasmi e folletti, intrecciando tradizione e fantasia e finendo così per manifestarsi, tra gli altri, nella letteratura fantasy di J.R.R. Tolkien con le "candele dei cadaveri" nelle Paludi Morte a nord di Mordor, nell'arte dal gusto decadente del preraffaellita Arthur Hughs tramite il dipinto "Will o' the Wisp" e nella musica con i ben più recenti Will-o-the Wisp, i quali, dal 1997, hanno saputo confezionare quattro ottimi esempi di morbido progressive sinfonico ricamato da sapienti spunti psichedelici e nostalgiche sonorità folk.

"A Gift for Your Dreams", datato 2007, vede dei sostanziali cambiamenti nella formazione ateniese rispetto al passato e, prendendoli in considerazione prima di un effettivo ascolto, alimentano un certo allarme in un fan di vecchia data. Alcuni dei principali elementi che hanno contribuito a creare quel caratteristico sound caldo e volutamente "datato" di pezzi come "Elbereth" o "Rings of Time" vengono a mancare e così ci ritroviamo orfani dell'avvolgente hammond di Dina Nassi, del flauto di Nikos Chalikias e della dolcissima voce della seconda cantante Sofia Rapti. Anche l'ottimo batterista Nikos Manousopoulos viene rimpiazzato e questo di certo non contribuisce a rendere le premesse meno disastrose... Eppure si verifica l'impensabile.

La chitarra del veterano Takis Barbagalas prende le redini della situazione e guida i compagni vecchi e nuovi verso mete inimmaginabili. Gli ululati iniziali prodotti dalle corde introducono la voce pulita e potente del solito Angelos Gerakitis ("Nature Boy"), il quale, forse grazie alla mancanza di una controparte femminile al proprio fianco, sfodera un tono più alto ed incredibilmente versatile, arricchito da una pronuncia inglese impeccabile. Ma le gesta chitarristiche di cui è permeato l'album devono ancora cominciare: graffianti duetti con il basso di Costas Pagonas ("Serpent's Kiss"), pacate ma azzeccatissime basi ritmiche a supporto del flauto dell'ospite Amalia Kountouri, ora occupato in spensierati volteggi ("Fairer-than-a-Fairy"), ora in mistica e riverente attesa del violino e della sua furia melodica ("Flying with Witches"), languidi accordi e vellutati arpeggi, riconducibili a certe sonorità caratteristiche di Anthony Phillips, che accarezzano le composizioni come se fossero delicatissimi fiori in procinto di sbocciare.

Gli episodi più lunghi vedono il prezioso contributo del tastierista ospite Vagelis Stefanopoulos, il quale, mediante l'uso dell'organo e del piano, tesse atmosfere romantiche e riflessive, scandite dall'intelligente uso delle bacchette e delle spazzole del nuovo batterista Kostas Kostopoulos, ma anche, a tempo debito, oscurate dal letale violino dell'ennesimo ospite Tasos Papastamou ("The Night Twined the Hours"). Il cantato di Angelos torna a stupire, sia che indossi panni malinconici e rassegnati ("Inward Reflections"), sia che furoreggi in un agguerrito lamento, talmente bello e struggente da far venire i brividi durante tutta la durata di quello che forse è il punto più alto di un già straordinario disco ("Sliding Down at the Shades of Mind"), chiuso infine dalla versione singolo di "Nature Boy", questa volta cantata dalla voce mite ed armoniosa di Markela Dounezaki.

Ma dopo tutto ciò... Che fine ha fatto Jack? Bèh, l'abile truffatore scoprì, con sua somma sorpresa, che le porte del Paradiso non gli sarebbero mai state aperte, perciò tornò di fronte al signore degli Inferi per elemosinare un posto scaldato ed illuminato da quelle fiamme imperiture. Il diavolo, ancora offeso per lo smacco subìto nel loro precedente incontro, rifiutò la sua richiesta, ma gli procurò una lanterna con una fiamma inestinguibile all'interno, così che lo spirito della sciagurata canaglia, potesse vagare per l'eternità in prossimità di acquitrini e cimiteri, ispirando storie, opere d'arte, zucche di Halloween (Jack o' Lantern) ed, evidentemente, nomi di band prog.

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