Niente di nuovo sul fronte occidentale. Quel pop alternativo di alto rango, di cui conosciamo benissimo la costituzione, riesce sempre a tirare fuori quei due o tre gioiellini che, vuoi o non vuoi, ti dicono qualcosa. Sulla suddetta scia si inserisce il poliedrico Yoann Lemoine, regista, produttore, grafico ed ora anche musicista, perchè no. Certo, è il suo esordio, un esperimento, molte cose devono ancora andare al loro posto. Ma la strada è quella giusta, il futuro luminoso, il tizio in questione un vulcano di idee incandescenti

Voglio essere preciso, citare le sue parole rilasciate in una recente intervista, un perfetto quadro del suo lavoro:

"Non sapevo neanche come fare un album. Sapevo di voler fare musica pop, ma non con gli strumenti convenzionali del pop. Sin da quando ero bambino ascoltavo colonne sonore e musiche cinematografiche, questo disco è una sorta di omaggio a quella determinata musica. E' stata un'esperienza sperimentale. Può suonare controllato e calcolato, ma è sperimentale."

Esatto. Un alt-pop con una sezione ritmica sorretta da due percussionisti (attenzione, non batteristi), fiati, archi, arrangiamenti ricchi e pomposi (a tratti barocchi). Vi sembrerà proprio di avere un'orchestra di 48 elementi in camera. Una magniloquenza cinematografica capace di far sentire piccolo piccolo qualunque essere umano in ascolto ("Stabat Mater" su tutte). In certi casi, è vero, il tutto può risultare ingombrante, fuori luogo, eccessivamente condito. Ma ad un tizio che ti tira fuori robe simili all'esordio, che ti dice quelle cose scritte in corsivo, che emana un tanto pungente quanto inebriante odore di colonia a base di umiltà, gli si perdona questo ed altro. Anche episodi stucchevoli sì, ma di gran classe. "I Love You" (il titolo, per l'amor di Dio, non rende onore al brano) è ciò di cui vi parlo. Organo di gran sartoria musicale, liriche a rischio diabete e tanto tanto pathos. Sul finale parte l'orchestra e giù lacrime. Molto più sostenuta "Run Boy Run", una corsa forsennata di un ragazzino trapiantata in musica (sinestesia musicale rintracciabile all'intero disco, in particolare in "The Great Escape", molto interessante). A completare la sacra trinità dei singolazzi strappa applausi troviamo "Iron", forse il pezzo più significativo, più "woodkid", in cui si sciolgono alla perfezione tutti gli ingredienti fondamentali della poetica musicale "yoannlemoiniana". Ultima menzione, speciale, per "Boat Song". La migliore dell'album, su tutta la linea. Si tratta di una splendida e struggente ballata interamente costruita su una perfetta sinergia piano-voce. I fiati, più che mai composti, educati, levigati e giusti, completano.

La ciliegina sulla torta è stato il suo concerto a Roma, pochi mesi fà. Vederlo sul palco, visibilmente emozionato, alla sua terza o quarta esibizione, completamente sopraffatto dagli applausi e dall'amore della folla, mentre conduce uno show a tutto tondo farcito di musica, luci, grafiche, teatro e "porca troia" (per la serie: nell'imparare nuove lingue, prima le parolacce e poi il resto) ti lascia dentro tanto. Oltre a lasciarti a bocca aperta.

Artista totale al servizio di un'arte totale. Avanti così! 

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