Nel 1980 Woody Allen è reduce dal successo di pubblico e critica di "Manhattan". E' in un periodo malinconico ed onirico, e nei suoi recenti film la ripetuta scelta del bianco e nero risalta le atmosfere e le emotività dei personaggi da lui interpretati, sospesi e disorientati dalla fatidica crisi di mezza età, dove il successo lavorativo e sentimentale hanno forma e definizione e sono pretesto per riflettere su se stessi e le proprie scelte. Non parlo solo di "Interiors", il cui titolo è quasi un'analisi della pellicola, ma di "Zelig", dove la personalità del protagonista è indefinibile o ancora ne "Una commedia sexy in una notte di mezza estate" dove tutti i personaggi sono sospesi tra i dubbi delle loro relazioni amorose altrettanto confuse. Questa premessa serve per arrivare a "Stardust Memories" che solleva alcune questioni annose nella carriera del regista newyorkese troppo spesso accusato di "eccessivo autobiografismo" in ogni suo film.
La pellicola narra appunto di un regista di successo, con una buona vita sentimentale (una serafica Charlotte Rampling come moglie), che sta attraversando nonostante tutto un esaurimento nervoso.
Il film ricevette severe critiche, in particolare negli Stati Uniti, perchè si riteneva che il personaggio centrale non fosse inventato bensì in senso completamente autobiografico, lo stesso Allen che esprimeva ostilità nei confronti del pubblico e della critica. Allen ha sempre spiegato che il meglio di cui può scrivere deriva da situazioni da lui ben conosciute, e per rimanere credibile preferisce approfondire quelle piuttosto che addentrarsi in terreni sconosciuti.
"Io non voglio fare film comici, loro non mi possono costringere. Io non mi sento comico. Io mi sto guardando intorno e non vedo che umane sofferenze"
In effetti nel film critici e pubblico sono interpretati da personaggi molto caratteristici, al limite del grottesco, del mostruoso, con voci stridenti e alterate, sguardi famelici e pettinature improbabili. Allen si giustifica e insiste nel dire che quel personaggio, il regista, non è lui. La gente tende a confondere il personaggio con l'attore che lo interpreta. Clark Gable era spesso apostrofato con frasi tipo:"Senti, ti credi tanto un duro...". Stesso destino per Humprey Bogart, o Chaplin, che non è mai stato un vagabondo o Lewis un "picchiatello". L'immaginario collettivo finì per creare distacco dai reali intenti filmici. Questa pellicola, nel corso degli anni, avrà meno resistenza e verrà apprezzata di più per il suo valore filosofico.
All'inizio del film una nebulosa sequenza onirica senza dialoghi, nell'incrocio di due treni e dei loro passeggeri, ricorda in certa misura "Otto e mezzo" di Fellini anche se si tratta di una cosa molto più personale, di un sogno in cui un uomo si sente soffocato, sente che la sua vita viene tenuta a freno. La sequenza di Allen invece è metaforica in modo diverso, ha a che fare con la sensazione di trovarsi in un treno di falliti, sporchi, destinati a vivere una brutta esistenza con altri falliti. Le persone del treno parallelo sono tutte belle, ricche, che si divertono e soprattutto viaggeranno in direzione opposta. Alla fine i treni finiscono nella stessa discarica. Il film ha una sorta di tocco felliniano, in particolare nel contenuto che vede spesso realtà e fantasia contrapposte e nel rapporto dell'uomo con la propria mortalità. Nel film, nella parte iniziale, si nota che nel maestoso appartamento del personaggio troneggia una gigantografia di una foto in cui un poliziotto vietnamita punta un'arma alla tempia di un condannato a morte, ma più in là, in un flashback la stessa parete è coperta da una gigantografia di Groucho Marx. In realtà l'appartamento rappresenta uno stato psicologico del personaggio e la parete riflette la fase di vita che il personaggio sta attraversando. Il personaggio è inizialmente ossessionato dalla sofferenza umana e dal senso di colpa per la sua ricchezza, per la sua posizione ed il suo successo. Nel flashback è in una evidente fase felice della sua vita.
In questa pellicola, come in "Interiors", Allen è alla ricerca di espandere i suoi confini espressivi e non insegue una formula di successo. L'ostilità di critica e pubblico sconvolse Bergman, ma nel caso di Allen non ci furono ripercussioni. L'importante era continuare a lavorare.
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Altre recensioni
Di primiballi
Un Allen geniale e solo apparentemente sofisticato. Il solito uomo con un cappotto diverso, o il solito quadro con la cornice diversa.
Stardust Memories è un piccolo gioiello, quali sono quasi tutte le opere alleniane che il regista ha voluto fregiare del bianco e nero.