"Scrivo le cose che vedo, le cose che ho visto, le cose che spero di vedere, da qualche parte, in un posto lontano." W.G.

Vi fu un tempo in cui tutte le cose non erano come sono adesso e avevano significati e contenuti diversi da quelli che comunemente siamo soliti assegnare oggi. Vi fu un tempo in cui la musica non aveva niente a che vedere con il commercio, la vendita, le classifiche, i passaggi telvisivi o il marketing.
Non c’era quel fenomeno di costume che ora tutti conosciamo e la gente si interessava alle canzoni marginalmente, senza darle eccessiva importanza.

Con Woody Guthrie qualcosa cambiò radicalmente e da lui in poi le cose non sarebbero state più le stesse: la musica divenne una necessità, un fatto epidermico e un mezzo per trasmettere uno stato d’animo o un malessere più o meno urgente da esprimere, in barba alla tecnica o la piacevolezza d’ascolto o meno del brano. Tutte le altre cose sarebbero arrivate dopo compreso le case discografiche e gli studi di registrazione per una produzione seriale e organizzata del “prodotto-musica”.

Vi fu un tempo in cui questo giovane bianco classe 1912, poeta disadattato e idealista con un’infanzia a dir poco terribile alle spalle (padre in rovina finanziaria, casa incendiata, sorella morta giovane per un incidente domestico, madre ricoverata grave e padre morto bruciato vivo!) decise di abbandonare tutto e di scrivere versi e ballate NON di amori folli, amori tormentati o odi amorevoli alla bella tanto amata, temi cari e battuti nel 1920 e dintorni. Le sue canzoni avrebbero parlato di altro, di cose che la gente immaginava ma che non gradiva sapere: parlavano di morti impiccati, di notti insonne nelle panchine delle stazioni, di speranze infrante, di operai licenziati e del sogno americano che andava già a farsi sfottere in quegli anni. Cantava storie di vecchi ubriachi, di gente comune che non riusciva ad arrivare alla fine del mese, di vecchie puttane, di poliziotti corrotti, di Gesù Cristo e di gente che aveva perso ogni speranza.
Vi fu un tempo in cui questo giovanotto scarno, diafano e ribelle, cantò per la prima volta il degrado e la vita vera, e non quella finta e idealizzata delle facili canzonette dell’epoca. E proprio per questo suo andare contro le normali convenzioni del tempo che questo menestrello subì torti, minacce, arresti, accuse e ingiustizie difficilmente sopportabili da qualsiasi altro individuo. Gli tolsero gli averi, lo minacciarono e lo costrinsero all’anonimato e alla fuga per evitare di essere localizzato dalla mafia e da ogni polizia a cui non piacevano le cose che andava a raccontare ma Woody non si fermò davanti a nulla e continuò imperterrito per la sua strada.

Questo speciale cofanetto (a prezzo davvero economico!!) della serie Deja Vu contiene 5 cd con la summa della sua produzione e ben 85 canzoni comprese Tom Joad Blues (con un intero disco di Bruce Springsteen dedicato a lei), Dust Bowl Blues, House of the Rising Sun, Buffalo Skinners, Car Song e moltissime altre. Canzoni brutte, sporche e cattive, suonate male, a tratti addirittura scordate e piene di fruscii ma che hanno un valore che va al di là di quello che ci è dato ascoltare in superficie. Canzoni che hanno pagato un prezzo altissimo e proprio per questo meritano un ascolto e un ricordo alla memoria dell’uomo che diede loro la forma che ci viene tramandata.

Canzoni per cui, in un tempo che fu, qualcuno decise di dedicare la propria vita ad elogiare un senso di giustizia, una morale e un’etica che non fanno più parte di questi tempi dove tutto si crea e si consuma a ritmi vorticosi e dove un Woody Guthrie qualsiasi non sarebbe mai potuto esistere.

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