Difficile constatare che Aaron West è un personaggio fittizio. Difficile rendersi conto che le parole viscerali ed emozionanti di queste dieci tracce non siano vita reale.

Vi voglio parlare dell'album d'esordio di Aaron West And The Roaring Twenties, "We Don't Have Each Other", perché è destinato ad essere il mio disco della (tardiva) estate di quest'anno. Dietro a questo moniker si nasconde il leader della band americana pop-punk The Wonder Years, il barbuto Dan Campbell. In passato altri tentativi di carriera solista sono apparsi, come il buon City And Colour (Alexisonfire) e il meno fortunato ma ottimo Alcoa (Defeater), ma questo sembra essere il migliore, il più riuscito e il più potente. Si va dal country folk con banjo dell'opener "Our Apartment", delicata e triste, al punk rock dell'irruenta "Runnin' Scared" fino alla delicatezza spiazzante e malinconica della sola chitarra acustica di "Get Me Out Of Here Alive".

Un album questo, che non richiede sperimentazione, innovazione e tecnicismi. Vuole solo essere un gran disco fatto con il cuore, suonato di pancia, che tira fuori quelle emozioni che ci fanno sentire vivi e potenti. E l'accostamento di questo disco a quello ancora ottimo dei The Hotelier è doveroso. Non solo per le copertine somiglianti, non solo per il sound a volte in perfetta sintonia di alcune tracce dei rispettivi album, ma per il fatto che sono le emozioni a dettare legge, sono le emozioni le vere protagoniste. Sono canzoni e storie in cui chiunque si potrebbe immedesimare (proprio come nel disco degli Hotelier). C'è voglia di sfogarsi, di buttar fuori tutto e dire al mondo "esisto anch'io, sono risalito dal buio e ora sono più forte di prima".

Ogni brano potrebbe essere il capitolo di un romanzo, protagonista il trentenne Aaron West, mai uscito del tutto dall'adolescenza ma con alle spalle momenti di disperazione, di perdizione, e un amaro e frettoloso divorzio. "The Thunderbird Inn" è il brano forse che risalta di più per violenza (emotiva) e vocalità. Qui Dan Campbell/Aaron West estrae dal cilindro il momento migliore dell'intero album, dando un senso di gioia dopo la disperazione, di calma dopo la rabbia. Grida, si fa sentire in tutta la sua bravura e lascia all'ascoltatore la sensazione di un talento che solo ora, da solista, riesce ad esprimersi al cento per cento. Nei 38 minuti di disco non c'è quasi nulla di vicino alle sonorità dei The Wonder Years, la band principale di Campbell. E, sinceramente, è meglio così. In tutte le tracce, piuttosto, si sentono suoni e umori vicini ad un'altra ottima band country/folk americana, i The Mountain Goats. Palese il riferimento a loro nell'ultima traccia, "Going To Georgia By The Mountain Goats", una cover per l'appunto.

Aaron West trasuda americanità nei testi, sembra quasi un novello Sufjan Stevens (in particolare nella sognante "Carolina Coast"), il fratellino "punk" di Mark Kozelek (basti sentire la struggente "Grapefruit"). Il suo disco d'esordio è ben fatto e riesce a non stancare mai, nemmeno per un minuto. Un album che ho scoperto per caso e mi ha colpito subito. Un disco ricco di suoni, pieno di emozioni vere, punk dentro e acustico fuori. Dieci tracce da scoprire, amare e ascoltare nei malinconici pomeriggi estivi.

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