COME RATTI IN CANTINA
Finita l'ultima lezione alla 'Bancroft Junior High School' Saul aveva una dolce, ingenua adrenalina addosso. Per un giovane ragazzo di madre-afroamericana (stilista affermata per molte celebrità rock\pop) e padre inglese di origini ebraiche, il designer musicale Tony Hudson, lasciare il grigio di Stoke-on-Trent in UK, dov'era nato, e trovarsi catapultato nella metropoli tentacolare e multicolore losangelina fu un bel salto. Un triplice salto mortale, ma il piccolo Saul già da qualche anno sapeva cosa significava sentire il frenetico e petulante respiro del music-business intorno, specie a causa del lavoro dei genitori Ola e Tony.
Tutto ai suoi occhi affamati di curiosità sembrava nuovo e diverso, la California aveva la forma di un enorme gelato con gusti formidabili mai provati prima; e la sincera amicizia con Steven integrò al meglio la nuova vita americana di Saul. Ma quel giorno aveva un sapore differente dal solito, nonostante il caldo e l'umidità perenne di L.A. erano gli stessi dei mesi che anticipavano maggio e la stagione estiva. 'Strano, eccitante..' il pensiero più frequentato dal teenager in quelle poche ore che lo separavano dal suo primo appuntamento con Darlene: una ragazza sensuale, solare come un sabato mattina a Venice Beach; ormai di fine corso alla Bancroft e più matura dell'acerbo e 'inesperto' Saul. Una t-shirt col Mickey Mouse anni '30, le chiavi dell'agognata Jeep e l'East Side che aspettava ansioso. Poco traffico alle 19:00 p.m. lungo il Downtown, qualche km e il villino bianco di un sogno inaspettato a pochi passi. 'Ok, fai il bravo e non fare il coglione', un mantra tormentava la mente di Saul al suono del campanello. 'Ciao, ti aspettavo tra mezz'ora ma è meglio così: siamo soli in casa, vai in salone che preparo qualcosina..' Il ragazzo, emozionato riuscì solo a balbettare 'Va bene, fai con calma!'.
Il divano in pelle nera accoglieva con premura la timidezza di Saul, la cui attenzione in quei minuti interminabili venne rapita dall'hi-fi e colonna di vinili accanto. 'Metti quello che vuoi, non c'è problema', e pareva proprio l'input che Saul voleva in quel momento da Darlene. 'Avevo visto, grazie' le rispose con affanno e mise a spulciare uno a uno la collezione della ragazza: 'Exile on Main St.', 'Presence' e l'esordio New York Dolls gli passarono rapidamente davanti e scatenarono la sua fantasia.
Un album, però, stimolò maggiormente il suo interesse. Cover nera, e cinque solidi 'diamanti' con il titolo 'Aerosmith-Rocks'. La puntina del giradischi iniziava a trasmettere sensazioni estranee, chiare, primitive. 'Back in the saddle' investiva con la sua muraglia di chitarre boogie\ r'n'r di Perry\Whitford e vox sfrigolante di Steven Tyler l'aria in camera.. Fu un colpo al cuore innocente, l'attimo che scolpiva in Saul un prima e dopo. 'Rocks', appunto. I cinque bostoniani conquistarono classifiche Usa e successo presso il grande pubblico nel 1975, con il classico 'Toys in the attic', lavoro che contribuì allo status di band-portabandiera 'hard\rock' negli States. Il blues dei padri, Robert Johnson che all'angolo di quell'incrocio subdolo stringe la mano a personaggi in odor di zolfo del cosidetto Rock contemporaneo (gli eroi di Joe Perry: Keith Richards e Jimmy Page); un'orgia continua, lussuriosa e 'tossica' con l'elettricità hard\blues e cartoline rock&roll Cinquanta. Le rocce continuano a rotolare con l'incedere bluesy della sorniona 'Last child' (preceduta dalla quasi gemella 'Fame' del duo Bowie\Lennon di pochi mesi..) e impreziosita dal 'solo' circolare di Joe, poi è 'Rats in the cellar' a scatenare una danza supersonica tra Chuck Berry e il punk che inizia a picchiare sul vecchio portone. 'Combination' è marcia, granitica e 'combina' potenza Zeppelin con selvaggio piglio Stones, alimentato da una sezione ritmica incisiva come un martello -Tom Hamilton\basso e Joey Kramer alla batteria.Una catena di chitarre 'jingle' apre il treno in velocità di 'Sick as a dog', 'Nobody's fault' (dall'evidente richiamo e 'Presenza' zeppeliniana, in quello stesso 1976..) è una bordata sonica con tutti i prodromi dell'heavy che verrà, un pesante cingolato tedesco schiacciaossa e 'Get the lead out' il futuro copyright 'Aerosmith'; lo stampo 'con le ali' utilizzato nelle successive decadi per decine di tracce rock aerodinamiche.
Sotto l'egida Columbia Records, prodotto da Jack Douglas e con i 'Toxic Twins' Tyler & Perry sull'orlo del precipizio fin dalle sessions in studio; un'atmosfera malsana e 'tossica', marchiata da fiumi di droghe e alcool. Il suono stradaiolo, compatto del malessere urbano: 'cani malati' nel retro squallido di un locale notturno e malfamato, ai margini periferici della città. Questi sono gli Aerosmith in 'Rocks'. Saul aveva ancora quell'adrenalina pomeridiana sulla pelle, ma non erano le cosce e lo sguardo invitante di Darlene che annoiata sorseggiava la sua Bud con ghiaccio; distesa a cavalcioni sul divano. No, non erano le sue forme burrose ad attirarlo e farlo fremere. Voleva ascoltare un'altra volta, e poi ancora, il sigillo a quelle rocce che l'avevano travolto: 'Home tonight'. Ballad elettrica e avvelenata, il singhiozzo della chitarra di Perry che volevi non finisse mai, ben oltre i 3'13'' che inchiodavano Saul Hudson; e un nuovo mondo gli si schiudeva all'orizzonte. Darlene non la prese benone, quella sera..
Il ragazzo salutò euforico, andò via e non disse altro. C'era un'aria velenosa nella stanza, dopo l'ascolto di quel vinile. Qualcosa di tossico.
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