Nel momento in cui si sentono riecheggiare nell'aria le prime note di ''Identity'', prima fatica dei norvegesi Airbag targata 2009, una cosa sarà lucidamente decifrabile: hanno senza dubbio ascoltato almeno un migliaio di volte la discografia dei Pink Floyd. Spulciando poi in rete (e non vi potete nemmeno immaginare la quantità esorbitatante di gruppi con questo nome, ce n'è addirittura uno Gospel!) tutti i nodi vengono al pettine: in Norvegia i nostri, fino a qualche tempo fa, non erano altro che la tribute band di Gilmour e soci con l'elaboratissimo nome di ''Pink Floyd Esperienza''. Ora, essendo un fan dei Floyd, tutto ciò non sta a significare necessariamente una circostanza negativa per me; tuttavia, è giusto dirlo, se siete alla ricerca di qualcosa di originale ed innovativo potreste anche smettere di leggere queste righe adesso. Risparmireste sicuramente del tempo.
Gli Airbag elencano pure tra le loro influenze gente del calibro di Porcupine Tree, Radiohead (dal titolo già si poteva intuire), Anathema, Marillion, Chroma Key e Talk Talk amalgamando il tutto in un saporito Melodic Rock Progressivo dalle tinte romantiche e psichedeliche. Ad ogni modo il paragone con la ''band madre'' suddetta rimane comunque piuttosto evidente: dal lavoro chitarristico di scuola Gilmouriana, alle tastiere sognanti debitrici allo stile di Richard Wright, fino alla voce squisitamente melodica. Tutto ciò solleva la questione: è robetta copia-incolla da quattro denari? Assolutamente no. Per ciò che mi riguarda, non mi interessa molto quanto e da chi il gruppo prende ispirazione a patto che la musica che ne viene fuori sia ben scritta e ottimamente suonata; non fraintendetemi, adoro le sonorità audaci, ma non ingnoro certo a priori canzoni cristalline come queste.
Ogni traccia di ''Identity'' è infatti abilmente arrangiata e prodotta accompagnando l'ascoltatore in un costante viaggio malinconico attraverso gli sperduti meandri del vuoto cosmico: il paesaggio sonoro lenitivo delle tastiere, la fluidità delle partiture chitarristiche, l'ammaliante e dilatata voce soul vi prenderanno per mano a partire dal quasi impercettibile ticchettio di ''Preludium'' fino alla conclusiva ''Sounds That I Hear''per tutti i 54 minuti di durata del platter. Gli elementi classici del rock progressivo si sposano perfettamente con le sfumature alternative moderne eliminando quasi completamente quel senso di deja-vu che altrimenti poteva risultare alquanto fastidioso.
L'album è inscindibile nel suo celestiale flusso melodico e questo ne rappresenta forse anche un piccolo difetto in quanto, alla lunga, ci sarebbe stato bisogno di qualche valvola di sfogo per rendere più distinguibili tra di loro i singoli pezzi (da brividi l'angelica poesia di ''Steal My Soul'') considerando anche il fatto che non stiamo parlando di un concept ma di due EP precedentemente autoprodotti riuniti per l'occasione; inoltre la copertina, francamente una delle più brutte mai viste in circolazione, fa segnare un punticino a sfavore di Asle Tosrup e compari, anche se sono convinto che il valore musicale instrinseco saprà farvela dimenticare presto.
''Identity'' è dedicato alla parte più spirituale di ognuno di noi, quella che, dopo una giornata snervante, ha bisogno di rilassarsi e farsi pervadere da una corrente sotterranea di abbandono e armonia rimanendo distanti, almeno per un'ora, dagli affanni della quotidianità.
Gli Airbag offrono questo, sta a voi farne tesoro.
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