Non sono i primi ad averlo fatto, eppure...
Eppure non si può che rimanere affascinati da come questi Alarum abbiano portato avanti un discorso musicale iniziato da fa da gruppi passati alla storia nel metal come Atheist e Cynic piuttosto che i seminali Watchtower.
Originari dell'Australia, già patria di gruppi quanto meno inconsueti quali Alchemist e Psycroptic, gli Alarum arrivarono al traguardo del primo disco solo nel 1999, a sette anni dunque dalla formazione della band, per fare il grande passo solo cinque anni dopo con questo bellissimo "Eventuality".
Figlio, come si diceva in precedenza, degli album metal più sperimentali dei primi anni novanta, "Eventuality" è uno di quegl'album in cui i musicisti non si limitano solamente a seguire pedantemente le orme dei grandi maestri, ma tendono invece a reinterpretare la musica in modo da renderla del tutto riconoscibile: si nota infatti come, a differenza dei gruppi precedentemente citati, gli Alarum pur mantenendo sempre un'impronta technical death/thrash dove la dimostrazione tecnica ha un ruolo di primaria importanza, cerchino di non perdere mai di vista il senso melodico, pur non rinunciando all'irruenza tipica del thrash o alla violenza del death.
Già dalle prime due canzoni "Velocity" e "Sustained Connection" non si può fare a meno di constatare come i nostri pur ricercando continuamente finezze a livello strumentale (sessione ritmica in continuo mutamento ed evoluzione, riffs e assoli sempre molto articolati e complessi), mantengano un gusto per la melodia davvero invidiabile che riporta alla mente alcuni dei migliori lavori della tradizione progressive metal americana.
Naturalmente come è tipico in questo filone musicale i musicisti, anche in questo caso, cercano di riprendere qualche spunto anche da un certo jazz fusionistico molto progressivo, come nel caso dell'intro di "Remote Viewing", che si trasforma poi in uno dei pezzi al contempo più violenti e progressivi dell'intero platter, o ancora nel breve strumentale "Boundless Intent Part I", che nel suo delicatissimo incedere, riporta inevitabilmente alla mente i lavori più melodici di quello che forse è il più celebre interprete di chitarra fusion australiana, ossia Frank Gambale.
Per il resto l'album si muove più o meno su coordinate thrash/death molto tecnico in cui la vena progressive metal si fa sentire in maniera sempre più incisiva, alternando momenti di tranquillità ad altri decisamente più irrequieti e nervosi, con l'eccezione dei vari brevi pezzi strumentali, quattro in totale, nei quali si nota una certa "dipendenza" dal sound sviluppato dagli americani Maudlin Of The Well.
Difetti? Non ce ne sono, o almeno formalmente no: esteticamente l'album risulta scevro da qual si voglia imperfezione, suonando estremamente elegante e bilanciato in ogni parte e dotato oltretutto di una registrazione di qualità davvero eccezionale, con l'unico appunto da rivolgere all' aspetto emotivo che in qualche breve passaggio sembra un poco  rilegato sullo sfondo; niente di fondamentale, ma ciò potrebbe sempre far storcere il naso a qualcuno.
Tirando le somme non si può fare a meno di notare quanto con questo "Eventuality" gli Alarum siano stati capaci di ridare nuova linfa vitale a un genere che per forza di cose stava cominciando a risultare un poco stantio e stanco, grazie ad un disco fresco, capace di raccogliere un'eredità pesante che sembra non aver spaventato affatto i nostri tre giovani australiani.

Line-up:
Mark Palfreyman - Voce e basso
Mark Evans - Chitarre
Rob Brens - Batteria e percussioni

Tracklist:
1) Velocity
2) Sustained Connection
3) Lost Pleiad
4) Receiver
5) Remote Viewing
6) Inertial Grind
7) Cygnus X-1
8) Throughout The Moment
9) Woven Imbalance
10) Boundless Intent (Part 1)
11) Boundless Intent (Part 2)
12) Subject To Change
13) Event Duality
14) Audio Synthesis
15) Reconditioned

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