Una copertina "infuocata" quasi da visione apocalittica niente male, sicuramente tra tutte la più particolare e affascinante tra quelle dei tre Chicagoani..

Secondo album per la band dell'Illinois dopo il debutto del 1998 con "Goddamit!". Gli Alkaline Trio sono una delle band pop-punk, più apprezzate degli States unendo atmosfere dark e malinconiche a melodie emozionali e catchy.

In queste dieci canzoni che compongono il disco si può scorgere un gruppo diverso da quello attuale. Componimento a tratti abbastanza lunghi che si distaccano dalla classica struttura del pop-punk. Sicuramente il disco più sofferto e malinconico in cui si fanno sentire le belle voci di Matt e Dan, chitarrista e bassista del combo. Per mettere a fuoco il concetto principale: più Get Up Kids che Blink 182, siamo per fortuna lontani da un disco come "Agony And Irony". Un lavoro abbastanza inedito, per come li conosciamo oggi.

Il disco è aperto da "Keep 'em coming" con un ottima melodia, notevoli cambi di tempo, chitarre potenti e voce lamentosa una delle migliori del disco. Segue la discreta "Madame me" che si sviluppa su un giro di ottave e la prima ballata cantata da Dan Andriano "I've got so far" in cui emerge la differenza di timbri vocali tra le due voci. Altri momenti dolci arrivano dalla traccia più lunga del disco, quasi cinque minuti "Fuck you aurora".

A seguire una canzone abbastanza particolare "Spleepyhead" con un tiro decisamente più rock 'n roll. Con la title-track ottimamente eseguita e ancorata ad una buona melodia e cantata dal bassista torniamo su buoni livelli. Non mancano nemmeno componimenti più frenetici e veloci nei ritmi più punk oriented: ne sono esempi l'ottima "She tuck in" e "5-3 10-4" (titolo abbastanza strano!). Nel mezzo troviamo "She took him to the lake" che non aggiunge nulla di nuovo.

A chiudere degnamente l'opera non poteva che essere che un anthem storico dei tre, tra le canzoni più belle in assoluto degli alcalinici e quella che eseguono sempre alla fine dei loro concerti: ovvero la stupenda "Radio", (altro che "Adam's song e menate varie) dolce ballata costruita su dei bei arpeggi di chitarra e in cui emerge tutta l'espressività e il bel timbro vocale di Matt Skiba che si alterna a quello di Dan Andriano. Davvero una piccola perla che trasuda emozioni e sentimenti durante i suoi 4'40".

E' quest'ultima traccia è emblematica sul perché sia riduttivo definire gli Alkaline Trio come una semplice e qualunquista pop-punk band da feste americane in giardino, fatto questo riscontrabile pure dalle liriche oscure che parlano di morte, e situazioni macabre, nonché droga e alcool. Sebbene questo sia il disco a livello di musicalità invece meno dark.

Una produzione essenziale caratterizzata da suoni diretti, senza particolari aggiunte negli arrangiamenti, come invece avverrà in futuro.

Qualche ultima notazione finale:

Line Up:

Qui dietro le pelli troviamo ancora Mike Feumlee, che dopo questo disco abbandonerà la band per seguire la carriera solista. Verrà sostituito da Derek Grant.

Label:

Il platter esce sotto l'egidia della Asian Man records, e in tempi più recenti visto il botto del successivo disco verrà ristampato con quattro bonus track.

Canzoni significative:

"Keep 'em coming", "She tuck in", "Radio".

Non li conoscete? Provate a cercare "Armageddon", "This could be love" o "Time to waste" che raffigurano in tutto e per tutto il loro stile musicale.

In conclusione "Maybe I'll Catch Fire" è un buon lavoro che ci mostra gli Alkaline Tri primo periodo, in grande spolvero...assolutamente da ascoltare!

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