Resta alla storia chi osa per primo. E infatti il nome di Billy Cobham è ben scolpito nell'olimpo dei grandi della fusion. Con il suo “Spectrum” ha scritto uno dei capolavori universalmente riconosciuti del genere. Quello fu un disco d'avanguardia, naturale evoluzione di un processo iniziato con Miles Davis. Un disco che mise le percussioni al centro di un progetto che mescolava le progressioni armoniche del jazz alla potenza ed al groove del rock, e che aprì la strada a vari altri esperimenti ed incroci tra i generi musicali.

Talvolta però anche chi cavalca l'onda meriterebbe qualche attenzione in più. Alphonse Mouzon per fare un esempio. Molti di voi probabilmente hanno già avuto modo di apprezzarlo per la sua militanza in gruppi fondamentali come i Weather Report o la Larry Coryell's Eleventh House. Pochi invece sono a conoscenza della sua carriera solista di tutto rispetto.

E' nel 1975 che il nostro coglie il guanto di sfida di Cobham e e dà alle stampe il suo masterpiece e perfetto antagonista di Spectrum: "Mind Transplant". Una sfida all'ultimo tentacolo. Così almeno la raffiguro nella mia testa. Che le migliori cose si sa nascono spesso da queste dicotomie.

Mouzon decide di giocarsela ad armi pari ed ingaggia quel gracile e pirotecnico stregone della chitarra che aveva esaltato la furia muscolare del rivale: Tommy Bolin. La differenza sostanziale è che qui il chitarrista è al centro del progetto e non un semplice comprimario. Non c'è un Jan Hammer da rincorrere. La chitarra è ancor più libera di sfoderare i suoi riff e giochi di prestigio. Con questo non voglio certamente trascurare l'ottimo lavoro di contrappunto degli altri strumentisti (Lee Ritenour, Jerry Peters ed Henry Davis), ma è evidente che il disco abbia due protagonisti indiscussi. E le inclinazioni dei due musicisti portano ad un registro che ammicca particolarmente al funk, un territorio dove entrambi sembrano dare il proprio meglio, riuscendo ad offrire un tocco ulteriore di modernità rispetto alla pietra di paragone.

Alphonse guida il suo equipaggio verso orizzonti elettrici, mettendo nel piatto tutto il fuoco e la sfrontatezza di cui dispone. Il suo è un approccio potente ma allo stesso tempo elaborato, uno stile dichiaratamente preso ad esempio da fenomeni dell'epoca come “Bonzo” John Bonham, ed arrivato ad influenzare molti musicisti contemporanei, tra i quali Will Calhoun dei Living Colour.

La musica erompe con vigore sin dal brano omonimo che apre il disco, dove Mouzon esibisce subito la sua tecnica strabiliante, mentre il gruppo affina la sinergia palpabile che si impossessa delle registrazioni. La temperatura si innalza in brani quali "Carbon Dioxide" o l'esplosiva “"Nitroglycerin”, ma il tutto viene compensato da temi più eterei come la bellissima “Golden Rainbows”, dove Bolin da sua buona abitudine si diletta nell'uso dell'echoplex. Ma si diceva che questo è un lavoro fortemente orientato al funk e a chiarirlo arrivano gli attacchi alle caviglie di “Snow Bound” o della danzereccia “Happiness is Loving You”, quest'ultima rappresenta uno dei due brani che si avvicinano di più alla forma canzone.

In definitiva siamo di fronte a un disco ben bilanciato, con un livello delle composizioni piuttosto alto, sempre coinvolgente. Se vogliamo proprio trovare un difetto è in alcuni passaggi ripetitivi qua e là. Ma in fondo ti accorgi che in questi casi tutto è necessario. Ogni minimo particolare. Non si può fare a meno di nulla. Perchè questa è musica da custodire gelosamente. Musica per la mente e per il cuore.

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