"A once in a lifetime experience that words can barely do justice"

Così recita una riga posta a commentare questo immenso, unico ed irripetibile concerto.

Ed è del tutto vero perchè è un impresa davvero ardua per il sottoscritto descrivere a parole l'emozione totale nella quale mi sono ritrovato, fin dal primissimo ascolto, conoscendo a memoria l'intera parabola artistica degli Anathema. Dai loro ormai lontani e perduti esordi Gothic-Doom di inizio anni novanta, fino alla magistrale trasformazione e metamorfosi artistica che li ha visti approdare, con gli ultimi lavori, ad un Post-Rock screziato di infinite e vincenti venature Progressive.

Un cambio di direzione, una costante voglia di sperimentare, di aggiungere nuovi elementi; una crescita artistica che mi ha sempre convinto ed entusiasmato. Mettendosi ogni volta in gioco, senza alcum timore di ricevere pesanti critiche (come in realtà è avvenuto) da parte in particolare dei loro antichi estimatori, quelli legati al periodo dove abbondavano sonorità metalliche.

"Una sorta di ritorno a casa" è il titolo del doppio CD. Suonano infatti, il 7 Marzo del 2015, all'interno dell'imponente cattedrale neogotica della loro Liverpool. Una sacra "profanazione" che vede la band dei fratelli Cavanagh esibirsi tra luci ed arrangiamenti minimali in un concerto semi-acustico. Quasi due ore ricche di pathos, di sfumature malinconiche, di enorme carica emotiva; lasciando estasiati i molti spettatori accorsi.

Mettono da parte, ed è giusto così, il loro passato e si lasciano andare in lunghe e soffuse divagazioni strumentali che vengono accentuate dall'ambiente e dall'atmosfera particolare del luogo scelto, così imponente, severo e mistico. La voce angelica di Lee Douglas (che non ha nulla di meno nei confronti di Anneke dei Gathering) accompagna in molti brani Vincent; mentre Danny ricama e tesse con la sua chitarra, in prevalenza acustica, morbidi ed avvolgenti accordi. Aiutato in questo importante e basilare compito da un violino e da un violoncello capaci di rendere ancor più celestiale lo scorrere delle dilatate composizioni.

Difficile parlare, raccontare lo sviluppo di un qualche brano; è un lavoro che va ascoltato "tutto d'un fiato" tenendo ben presente la location dove è stato registrato. In silenzio ad occhi chiusi.

Si erge come elevatissimo, cangiante vertice la conclusiva "Fragile Dreams" (tratta dal loro capolavoro "Alternative 4") dove le voci quasi sussurrate di Vincent e Lee si uniscono, si compensano..."Maybe I always knew, My fragile dreams would be broken for you"... giungendo mestamente all'addio finale con quelle corde di chitarra pizzicate con delicatezza; ed il brano sfuma, evapora tra infiniti applausi.

Spettacolare e meraviglioso.

Ad Maiora.

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