"Folgorazione" è la parola che più si addice al ricordo dei primi ascolti del disco scoperto qualche tempo dopo la sua uscita datata 2002 (per i vini un'annata no, ma sul frangente musicale l'opposto se penso a capolavori quali "You forgot it in the People" dei Broken Social Scene, "Sea change" di Beck, "Turn on the Bright Lights" degli Interpol, "Songs for the Deaf" dei QOTSA... ok, basta con le divagazioni). 

Di compattezza e omogeneità sorprendenti, S.T.&.C. è un vivaio di affascinanti e taglienti piante dal gambo nero e dai petali gialli, arancioni, fino al color lava della sua cover. Questo per raccontare in qualche modo a quelli che non l'hanno ancora vissuto che il disco ti permea di sé, del suo calore, ti inietta sensazioni oscillanti tra l'angoscia e il conforto, quello che imprimono solo pezzi maledettamente riusciti e così decisi da introdurti per qualche minuto nel mondo di chi li ha concepiti.

E tutto ciò parte con un piano, un innocuo, dolce, malinconico stupendo giro di piano sopra un tappeto sporco. Incredibile come tale inizio (costante per la band texana il preludio ad un successivo magnifico sconquasso) risulti assolutamente coerente con il resto del lavoro pur senza una chitarra acida o delle molteplici urla. Un minuto e mezzo che ne vale dieci.

"It Was There That I Saw You" al tempo mi rifilò un sinistro fottutamente assestato. Pezzo strepitoso costruito ai margini di una colonna sonora dallo stile retrò, pieno zeppo di dolcezza e malinconia, coperto poi dal nuovo ritorno della spietata colata lavica.
S.T.&.C continua a tenerti stretto per la gola senza allentare la presa. Pregno, evocativo, forse un meraviglioso caso, forse il parto di una o due menti arrivate all'apice della creatività dopo ottimi esordi. Pezzi come Another Morning Stoner sono difficili da descrivere perché gli unici punti d'appoggio del recensore sono le sensazioni, e qua ne partono troppe, incontenibili, inesauribili e bastarde quanto le quattro o cinque teste nere (amanti dei Beatles) dietro chitarre basso e batteria (ultimamente, batterie, avendoli visti dal vivo con i due drummer).
Non un suono fuori luogo, una scelta da discutere, non c'è nulla che il sottoscritto osi muovere all'opera in questione. O meglio, una ci sarebbe: per colpa loro le aspettative per i loro dischi sono salite all'inverosimile, tenendomi per le palle in attesa di un nuovo capitolo, all'altezza nel caso di World Apart, tragicamente deludente per il più recente So Divided...

Tralasciando le piccole amarezze che la vita riserva,  il trittico Baudelaire - Homage - How Near How Far (quest'ultimo il mio preferito dell'album) continua a dispensare emozioni dirette disegnate con la mano del veterano, anche se non si tratta di brani complessi né di canzoni arrangiate in chissà quale modo. E' l'efficacia di ogni singolo/semplice brano a stupire, perché mai si giunge al calo d'ispirazione significativo e (comunque) mai si oltrepassa la soglia del miracolo che, altrimenti, erigerebbe tale opera all'altezza delle più significative del panorama rock degli ultimi vent'anni.  ...ma se già stiamo sul decennio il discorso può anche reggere (... mi assumo la responsabilità di quello che dico).

Tra i saliscendi roccioso-morbidi il disco scorre fino alle note di Relative Ways, altra perla che non mi stanca mai. La batteria del polistrumentista Jason Reece, a volte voce e chitarra, per lo più batterista incazzato con l'hobby di smantellarla quando gli girano e tirarla in direzione del pubblico (in un live m'ha fatto il pelo con uno dei tom...) costruisce giri accattivanti che si rincorrono tenendo sempre alto il tiro dei pezzi, mentre le chitarre di Conrad Keely e Kevin Allen (l'unico mansueto tra sti pazzoidi) passano da sporco al quasi pulito per orchestrare le varie fasi di un disco che difficilmente finirà nel dimenticatoio.

Non mi stanno nemmeno poi tanto simpatici sti texani ma Source Tags and Codes è uno dei pochi album che m'ha fatto pensare "vorrei fare io questa musica" nei classici momenti in cui si è sdraiati sul letto e sognacchiando si fissa il nulla (...pensieri seguiti abitualmente da "vorrei farmela"). 

Magnifico.

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