Qualcuno ha decretato la morte del power di qualità, di stile. Dopo la dipartita dal mondo dei musicisti “onesti” degli Stratovarius e dopo aver visto la banalità di bands come i Rhapsody, i Blind Guardian e robetta simile, possiamo dire che forse è vero. Ad uscire da quelle acque ormai stagnanti sono i brasiliani Angra che, con i loro alti e bassi, danno il meglio in questo Temple of shadows, un concept di tutto rispetto.
Se è vero che un tema riguardante i crociati potrebbe sembrare abusato all’interno di questo genere, è altrettanto vero però che gli Angra lo fanno con cura, prestando attenzione alla dualità tra liriche e musica, impreziosendo questo album (che è power a tutti gli effetti) con alcuni intermezzi prog.
Passiamo al contenuto: si alternano brani molto veloci ("The temple of hate") a momenti più acustici o quantomeno pacati, la cui apoteosi viene raggiunta con "No pain for the dead" (ottima la prova di Sabine Edelsbacher), la più progressiva di tutte, e "Late redemption", che mi ha colpito particolarmente con le sue calde parti cantate in portoghese (Milton Nascimento si occupa delle backing vocals).
Senza dilungarmi oltre, devo dire (da “buon” detrattore del power) che non mi aspettavo una simile prova di forza, soprattutto tenendo conto di quanto fosse modesto Rebirth. Grazie alla già citata alternanza di parti heavy, ballad e stacchi orchestrali (la cui punta di diamante è senz’altro la strumentale "Gate XIII") e per merito di un concept svolto al limite della perfezione, Temple of Shadows va sinceramente promosso e merita l’acquisto. Gli Angra hanno dimostrato coraggio e sono stati ripagati, e di riflesso lo siamo anche noi.Carico i commenti... con calma