The King rischia di essere l'opera magna nella discografia di Anjimile Chithambo; vuoi per le entusiate recensioni presenti tra
le testate più grosse, vuoi per il fatto che trasuda epicità sin dall'artwork e dai temi narrati nelle tracce. Quando arriva il momento dell'ascolto, le aspettative si allineano perfettamente al contenuto dell'album.


Rispetto al precedente Giver Taker, Anjimile ed il produttore Shawn Everett optano per un suono scarno e pesante. Nonostante la maggior parte dei brani sia costituita da chitarra acustica e voce, la novità sta nel come questo strumento sia stato adoperato. Esso è onnipresente e talvolta modulato, il ritmo è deciso e a tratti martellante (Animal e Black Hole) mentre per il resto, tra gli ospiti, figura anche il batterista dei Big Thief James Krivchenia.


La litania ricorda i vecchi bluesmen con il loro gospel, qui adottato come riuscito linguaggio che narra le violenze dell'antico testamento. Perchè l'idea di The King è quella di mettere in relazione gli attuali temi sociali, quali gli episodi a sfondo razzista che coinvolgono le forze dell'ordine in America e la transfobia che riguarda l'artista da vicino, alle sacre scritture.
Per la stessa ammissione di Anjimile l'album riflette anche, per quanto riguarda l'aspetto autobiografico, un periodo buio della sua vita riguardante una dipendenza da acolici seguita da un percorso riabilitativo. Anjimile ci tiene a sottolineare che a far proprie queste canzoni può anche essere qualcuno che a differenza sua non ha affrontato la disforia di genere, ma che ne condivide le stesse problematiche di accettazione nella società in qualsivoglia contesto.


The King è un disco pregno di forza e vulnerabilità, che poi vanno di pari passo.

Carico i commenti... con calma