Nel 2018, quando uscì questo album, lo comprai subito: le scimmie artiche mi sono sempre piaciute e ho apprezzato tutti gli album che avevano fatto fino a quel momento, seppur molto diversi tra loro. Al primo ascolto di TBHC ho storto un po' il naso: un tappeto di pianoforte e la voce quasi sommessa di Alex Turner che ipnotizza l'ascoltatore con il suo incedere quasi parlato. Niente chitarre aggressive e niente melodie a "presa diretta", vecchio marchio di fabbrica della band. L'unica eccezione può essere il singolo "Four Out Of Five", che ricorda le sonorità di AM. Quindi si può parlare di delusione? In realtà questo si è rivelato un album che cresce ogni volta che lo si ascolta, carpendo mano a mano nuovi dettagli interessanti. Per me è stato così, e con il tempo ho apprezzato sempre di più le atmosfere aristocratiche e quasi vanitose create dall'album. L'effetto è rilassante, ipnotico: sembra di essere in una ricca villa di campagna inglese e di sorseggiare il tè delle 5, circondati dalla natura. L'album è compatto, la struttura di molte canzoni è simile ma non per questo esse sono uguali l'una all'altra. Menzione d'onore per la già citata "Four Out Of Five" e "She Looks Like Fun", che hanno il merito di distaccarsi dal resto dell'album senza intaccarne la compattezza e il "mood"(quest'ultima mi ricorda vagamente "I'm Finding It Harder To Be a Gentleman" dei White Stripes), per l'iniziale e autoironica "Star Treatment" ("I just wanted to be one of the Strokes, now look at the mess you made me make") e per le avvolgenti "The World's First Ever Monster Truck Front Flip" (titolo più lungo della storia) e "Batphone". Un album impegnativo e sperimentale, che non prende immediatamente come molti dei loro lavori precedenti, ma se si ha la pazienza di ascoltarlo e riascoltarlo, regala soddisfazioni.

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