La immagine di Iosif Vissarionovic Dzugasvili (1878-1953) ha acquisito negli anni sempre di più una fama negativa, fino a essere ricordato come un grande dittatore e paragonato in maniera revisionista e anti-storica persino a Adolf Hitler. Ma non ci sono dubbi sul fatto che Stalin sia stato una delle figure più grandi, persino gigantesche, della storia del secolo scorso, così come probabilmente oggi - a sessantacinque anni dalla sua morte - ci possa stare benissimo parlarne in una maniera parodistica e condita di black humour tanto surreale quanto intelligente come succede in questo film diretto da Armando Iannucci e intitolato "The Death of Stalin".

Tratto da graphic novel di Fabien Nury e Thierry Robin, il film racconta con un cast corale di primissima scelta la morte di Stalin e gli avvenimenti che seguirono e in particolare quelli riguardanti la sua successione, che costituì una questione spinosa da risolvere e poi essa stessa un evento storico in sé che cambiò la storia della Unione Sovietica e del comunismo in tutto il mondo. In questo contesto viene rappresentata in maniera farsesca e volutamente spinta all’eccesso la figura di Stalin tanto quanto ogni caratteristica dei diversi candidati alla succesione, tra cui spiccano come principali contendenti lo spietato ministro degli affari interni Lavrentij Berija e Nikita Chruscev, interpretato da un grandissimo Steve Buscemi, che ruba letteralmente la scena agli altri bravi attori del cast (Simon Russsell Beale, Paddy Considine, Michael Palin, Jeffrey Tambor, Jason Isaacs, Rupert Friend...), così come il suo personaggio - presentato per lo più come una figura umile e dimessa - crescerà di decisione e di potere nel corso del film, fino a diventarne protagonista assoluto più o meno poi nello stesso modo in cui Chruscev stesso sarà anch'egli destinato a divenire uno dei grandi protagonisti della storia del secolo 1900.

Una storia raccontata in maniera divertente e intelligente e senza nessuna retorica di nessun tipo ma anzi con una specie di black humour nello stile dei fratelli Cohen, "The Death of Stalin" non è un film per nostalgici né per chi avrebbe la pretesa di esserlo e che forse chiude in maniera giustamente parodistica ma senza banalizzare e anzi dispiegando poi comunque tutte le diverse implicazioni del caso e senza dire chi sia il buono e chi il cattivo, una storia di sessantacinque anni fa e cui tutti quanti siamo stati sempre a guardare con una certa devizione e sacralità, quasi come se avessimo su di noi gli occhi del grande vecchio. Non si tratta altresì di un film storico e le osservazioni (anche giuste) relative possibili imprecisioni sono in questo senso sicuramente fuori luogo, così come non si può che considerare una farsa, tanto quanto lo sono i contenuti del film, la censura in alcuni paesi dell'ex area sovietica a partire dalla stessa Russia. Un segnale però che i suoi autori possono anche riconoscere come prova del successo del loro lavoro.

Carico i commenti... con calma