Improbabili alchimisti in grado di trasformare il camp in arte, equilibristi capaci di fluttuare su un sottilissimo filo senza cadere nel vuoto del trash e del pecoreccio; divertenti, espliciti, pacchiani e furbetti; fulgida meteora che si è consumata nel giro di pochi anni (e molte hits) in uno sfavillante turbinio di lustrini e paillettes, in tre parole gli Army Of Lovers.

Nei primi anni '90 il trend dell'Impero Galattico Musicale Mainstream era quello di lasciarsi definitivamente alle spalle il decennio precedente con tutto il suo sfarzo pacchiano; l'esplosione del fenomeno Nirvana, abilmente pilotata da MTV ne è la dimostrazione più evidente, così come la caduta in disgrazia di molti gruppi ed artisti osannati all'inverosimile fino a qualche anno prima. Non che questo sia un male, anzi, almeno fino al revival odierno questo fenomeno ha contribuito a toglierci dalle balle numerosi esempi di mondezza sonora allo stato puro (per poi sostituirli con altri di identica caratura, ma questo è un altro discorso), ma anche in piena rivoluzione c'è chi è andato controcorrente, chi ha pensato di estremizzare l'estetica kitsch degli anni '80 per un pubblico più di nicchia, ottenendo di contro un successo travolgente: gli Army Of Lovers, versione highly-very-very camp degli ABBA, coi cui condividono il passaporto svedese. Invenzione di un baffuto e parruccatissimo genio del male di nome Alexander Bard, affiancato da degni compari come la drag queen mancata (di poco) Jean-Pierre Barda e la giunonica e prorompente top-model Camilla Henemark, La Camilla per gli amici, sostituita dalla bionda Michaela Dornonville e dalla mora Dominika Peczynski per poi rientrare trionfalmente; se è vero che un buon 50% del proprio successo gli AOL lo devono alla straordinaria capacità di costruirsi una fortissima immagine fatta di travestimenti sempre più improbabili e balletti esilaranti non bisogna però dimenticare la proposta musicale, che emerge dal calderone pop-dance grazie ad alcune caratteristiche praticamente uniche nel proprio genere, sonorità che a tratti riecheggiano atmosfere gotiche e testi spesso infarciti di riferimenti biblici e religiosi, creando così un mix tra frivolezza ed allusione, sacro e profano, che spicca per originalità ed anche per qualità intrinseca.

Nel 1995, l'anno di "Les Greatest Hits" la carriera degli Army Of Lovers è già bella che finita, esplosiva e fugace come un fuoco d'artificio; con la sola eccezione di Alexander tutti gli altri componenti del gruppo sono praticamente fuori dal mondo della musica, ad eccezione di occasionali e sporadiche rimpatriate, e questa raccolta suggella definitivamente l'essenza degli Army Of Lovers; innanzitutto Alex Bard sa il fatto suo, è in grado di creare melodie simpatiche, colorate, catchy e divertenti, e lo sa fare benissimo, basti pensare ad un formidabile inno alla frivolezza come "La Plage De Saint Tropez" che, soprattutto per le armonie vocali, sembra uscito direttamente da "Arrival" degli illustri connazionali ABBA, oppure l'inedito "Give My Live" che spicca per il suo divertente sound fresco ed estivo, nei cui i video i/le Nostri/e raggiungono forse l'apice più esilarante di pacchianeria allo stato brado. Lo stile che più profondamente ha caratterizzato gli Army Of Lovers comunque è, più che la frivolezza tout-court di questi episodi, quel grandioso alone di "sacralità" che circonda un po' tutte le loro hits più celebri, a partire dai primi grandi cavalli di battaglia, "Crucified" e "Supernatural" fino all'irresistibile e contestatissima "Israelism", per la serie "certa gente l'autoironia non sa manco dove sta di casa", passando per episodi più lenti come la simil-gotica "Judgment Day", ipnotica ed accompagnata dall'ennesimo videoclip capolavoro, "My Army Of Lovers", visionario collage di immagini sensuali ben evocati dalla voce calda (in tutti i sensi) di La Camilla, che si spinge ancora più in là sul confine tra sacro e profano in "Requiem", teatrale e tenebroso inno ad una discinta e libertina Dea Madre; Camillona imperversa anche in "Everytime You Lie", accompagnata da violini tzigani campionati e ritmi latineggianti. 

Ovviamente non mancano episodi più prettamente dance-oriented, soprattutto inediti come l'esaltante "Venus And Mars" e la bollente "King Midas", quest'ultima purtroppo inclusa solo nella versione UK di "Les Greatest Hits", anche qui la qualità ed il savoir faire non mancano di certo, basti pensare alle hits "Obsession" e "Sexual Revolution" senza dimenticare brani meno conosciuti come "Lit De Parade" o "Stand Up For Myself", quale insulsa starlette odierna sarebbe in grado di proporre con tale gusto sonorità di questo tipo? Kylie Minogue? Lady Gaga? Ma mi faccia piacere! 

"Les Greatest Hits", la prima di una lunga serie di raccolte, sigilla idealmente tutta la breve ma folgorante carriera degli Army Of Lovers registrando per l'ennesima volta vendite record, più di quattro milioni di copie; si tratta tutto sommato di un buon prodotto, anche se alcuni gioielli come "Say Goodbye To Babylon", "Carry My Urn To Ukraine", "Mr Battyman" e "The Ballad Of Marie Curie" rimangono fatalmente tagliati fuori, ma "Les Greatest Hits" rimane comunque un gustosissimo baccanale di svago in musica in forma originale e "alternativa", lo spirito degli Army Of Lovers è sincero, genuino e purtroppo sembra impossibile da replicare, quindi meritano anche loro un posticino nel Pantheon del Pop di qualità; resta un solo interrogativo: questo progetto aveva ancora qualcosa da dire? Ci sarebbero state nuove possibili evoluzioni per gli Army Of Lovers oppure è meglio ricordarli così com'erano, astutamente scomparsi dopo aver raggiunto il massimo dello splendore?

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