Se Kubrick fosse stato un musicista probabilmente ci avrebbe regalato un capolavoro come "Schwingungen". (S)fortunatamente per noi, l'anglo-ebreo più famoso del cinema preferì imbracciare la macchina da presa, e ci hanno pensato gli Ash Ra Tempel. Anno 1972: uscito di scena Klaus Schultze, rimpiazzato da Wolfgang Muller, il gruppo tedesco, dopo l'esordio omonimo pubblicato l'anno precedente, raggiunge la perfezione con "Schwingungen", che non è soltanto uno scioglilingua impronunciabile, ma anche uno degli album migliori della loro discografia, un'odissea nello spazio trasposta in musica. Già la musica, le cui note vengono tratteggiate, nelle tre lunghe suite del disco, dalla chitarra di Matt Gottschwind, tra minimalismo elettronico, approcci kraut, progressive, psichedelia alla Pink Floyd e dilatazioni infinite dal vago sapore ambient.

Si parte subito con "Light And Darkness", divisa in due parti: "Light: Look At Your Sun", dove i riff blueseggianti di Gottschwind proiettano l'ascoltatore direttamente nello spazio siderale, incitando alla perdita dei sensi, e l'hard rock cosmico e delirante di "Flowers Must Die", dove quiete ipnotica e vocalizzi lisergici la fanno da padrone. Ma è in "Suche & Liebe", terzo e ultimo brano del disco, Che John L. e compagni raggiungono il loro apice: "Suche" è un lungo ed impalpabile mix di minimalismo elettronico e vibrafono, "Liebe" è l'arrivederci del gruppo, e l'inizio di una lunga epopea nello spazio, dalla fine gloriosa.

"Schwingungen", insomma, è un lavoro magico ed intrigante, che, per i trentanove minuti della sua durata, annienta qualsiasi percezione spazio-temporale e conferma le immense capacità di un gruppo che, liberatosi paradossalmente della presenza ingombrante di Klaus Schultze, sembra raggiungere il suo stato di grazia. Un capolavoro "nascosto" degli anni '70, da riscoprire e, soprattutto, rivalutare.

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