Cos’è la musica?

Principalmente una fonte di emozioni. Un emozione ha mille sfaccettature e varia in base alle contingenze di luogo, di tempo e di stato d’animo. La musica ha il dono di riuscire a creare un emozione o a modificarla radicalmente. In un certo senso è anche intrinsecamente labile.

Essa sfugge ad una qualsiasi definizione esatta, come l’amore, il dolore, la passione. Ciò è tanto vero quanto il fatto che di alcuni dischi non si può parlarne in modo convenzionale. Una descrizione tecnica sarebbe inutile così come è inutile definire nozionisticamente un’emozione. “The Land of Harm and Appletree” del duo tedesco Aurora Sutra non può essere l’oggetto di un’analisi critica rigorosa e petulante, ma deve essere vissuto in tutta la sua pienezza, non si può spezzettarne l’ascolto a questa o quella canzone. Sembra raccontarti di un’epica storia, tra atmosfere medievali ma nello stesso tempo spaziali, tra il gelido pathos gotico decadente ma non definitivo e il melodico incedere dei synth di accompagnamento, in una sorta di concept sonoro strutturato intorno alla voce narrante di Patricia Nigiani che ci sussurra di paesaggi cibernetici trapiantati in epoca antica e, nel contempo, di luoghi celtici di un lontano futuro. Il tutto attraversando sonorità tribali, echi new age, sottofondi gregoriani e depressioni industriali.

Questo disco stravolge la lezione dei Dead Can Dance, masticandone i ritmi etnici e gotici medievaleggianti e sputandoli a distanza siderale, nel cyberspazio più remoto. Il miscuglio che ne deriva è intimamente coinvolgente. Fa specie pensare a come certi lavori, pur oramai datati (anno domini 1993), risultino essere così avanti nel tempo. Chissà, magari tra cento anni questo disco sarà considerato un classico.

Ma, viste le premesse, perché non anticipare i tempi?

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