Chiunque ascolti doom e gothic metal sicuramente sa chi sono gli Anathema, come di certo sa che il gruppo non è sempre stato una semplice band doom, ma nel corso del tempo ha spostato il proprio baricentro sino a raggiungere sonorità miste tra il gothic (appunto), una specie di space rock dai forti connotati atmosferici ed eterei e dalle tinte emozionali accesissime. E' proprio a quest'ultima fase del gruppo inglese che potremmo assimilare (generalizzando) questo lavoro dei tedeschi Autumnblaze, dal titolo (che spiega tutto e niente) "Words Are Not What They Seem" (2004).

Il gruppo ottiene la sua definitiva consacrazione proprio grazie a questo lavoro, sapiente commistione di dark rock con tematiche emotivamente intense punteggiato da un'atmosfera che spesso si colora di toni grigio-malinconia e si ravviva con il rosso fuoco della rabbia e della disperazione. La voce scelta per guidarci attraverso questo mondo è quella del cantante e leader del gruppo Markus, dai toni caldi e morbidi (non intensi come quelli di Cavanagh, ma di certo intimamente ispirati), la quale si muove agilmente attraverso i territori melodici e molto orecchiabili tracciati dalle chitarre e puntellati dall'ottimo duo basso-batteria. Da un'intervista alla band viene fuori che il lavoro è dedicato a Twin Peaks: ciò si evince non solo dalla cover "Falling" (rielaborazione del "Laura's Theme" di Angelo Badalamenti), ma anche dal titolo dell'album (che rievoca la frase del telefilm "i gufi non sono ciò che sembrano").

Questa introduzione mi è servita a tratteggiare brevemente il background del disco, che si apre con la potente "Where Is My Soul". L'opener alterna momenti di calma introspettiva (sostenuti da una nostalgica chitarra) ad un ritornello tirato che ha il suo culmine nel bellissimo finale dove compaiono pure voci in growl. La canzone è davvero una bella premessa al disco, che comunque fortunatamente si mantiene su questi stessi livelli.

In effetti le successive "To The River" e "Barefoot On Sunrays", altre due gemme, seguono lo schema già visto per la traccia appena descritta, con esplosioni di rabbia nel finale che colpiscono veramente al cuore. Più introspettiva è invece "Message From Nowhere". Il suo incedere sognante e leggermente dimesso, incentrato sui leggeri tocchi di un malinconico pianoforte, la rendono la traccia perfetta per quei momenti in cui vorresti che le cose si aggiustassero e che andassero un po' meglio di quello che vanno. E' la canzone perfetta per riflettere su quello che potevamo fare e che non abbiamo fatto, è l'ideale colonna sonora che ci culla quando abbiamo voglia di tormentarci dolcemente con qualche ricordo un po' più doloroso o con qualche rimorso. "Heaven" imita un po' le prime tracce (senza raggiungere i loro picchi emotivi), mentre "I'm Drifting" cresce nel suo finale come una febbre che ti assale e che sale sempre più.

La vera sorpresa è però la già citata "Falling". La cover è stata arrangiata in modo molto minimalista e è molto debitrice ad una certa elettronica (mai invasiva), e conserva tutto il suo cullante e piacevole senso dell'abbandono. Notevole il corpo centrale della traccia, un cuore pulsante carico di calde lacrime e addii legati ad abbracci. Senza dubbio da ascoltare, le parole tarpano troppo il suo fascino.

Dopo la buona "Happy Faces", la più acustica del lotto, si arriva alla splendida "Blue Star". La traccia è stata scelta quale chiusura del disco, e mai decisione fu più azzeccata. Sugli scudi senza dubbio il cantante, che qui offre una prestazione impeccabile e commovente (somigliando davvero molto, stavolta anche per intensità, al nominato in precedenza leader degli Anathema). La traccia è un'ottima e sapiente miscela del mondo degli Autumnblaze: chitarre atmosferiche che sanno divenire rocciose e sbatterti a terra al momento giusto, le tastiere che dipingono dolci passaggi al tramonto nei quali spira un leggero vento dall'odore autunnale, una sezione ritmica che sale di tono e di tensione in maniera incessante fino ad esplodere in un finale ricco di pathos e sentimento. La traccia è lunga ma passa che è una bellezza, è un tenero viaggio che ognuno di noi dovrebbe intraprendere, una passeggiata attraverso mondi illuminati dalla luce di pallide candele e dominati dalla lucentezza lontana e inarrivabile di stelle blu. La canzone è sicuramente la più toccante ed intensa del disco, ed è la chiara dimostrazione che il gruppo non è una semplice imitazione di gruppi come gli Anathema o compagnia bella, ma ha una propria, forte e viva personalità che va apprezzata e sostenuta.

Non chiamo questa opera capolavoro solo perché ci sono un paio di canzoni che sono leggeri scivoloni, lontani però dall'intaccare quello che resta un grandissimo disco di un genere, quello del gothic rock atmosferico, che vede tra le sue file innumerevoli gruppi-fotocopia. Da avere.

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