Tra pandemie, ristrettezze, blocco dei live e delle promozioni, sebbene la stampa di settore abbia fatto sentire il proprio robusto apporto nel buio scorso biennio, sembra sia sfuggito al grande popolo del rock nostrano (che ha osannato senza mezzi termini i grandi Måneskin) e internazionale, un maximo capolavoro qual è il RESET dei Bachi da Pietra (2021).

Sentire le loro liriche scandite in italiano e avvalorate dal cantato di Giovanni Succi, espresse in un rock che scava sin dentro l'anima del disincanto, fa si che il lavoro del duo (per l'occasione in trio) si innalzi a pietra miliare di questa decade, costituendo una goduria nuova e poetica, invisa forse ai promoter di X Factor.

Per cui il percorso dei Bachi diventa inverso a quello dei colleghi più famosi, intraprendendo il viaggio verso la notorietà (meritatissima) in senso bottom up.

Pugni nello stomaco sono tirati e ritratti spontaneamente in bella mostra fotografica (stile film "Toro Scatenato") e in assenza di stancanti scimmiottamenti; i densi suoni calano reali, assecondando una notte vagabonda, tossica, o catartica, sulle teste ignare di ricevere in strada cotanto verbo scarnificante.

Se solo si avesse il coraggio di innescarne l'Ascolto si scoprirebbero soluzioni sonore massicce, pop, palpabili, oscure, deliziose nel loro incidere le coscienze e nel generare una sorta di contrappunto mistico passionale; queste sfilerebbero nel sistema simpatico nervoso vivendo tout court i colpi di basso (Marcello Batelli) e le schitarrate, così come i sincopati di grande statura (ci pensa l'ottimo Bruno Dorella) traboccanti di anticonformismo e sincerità: proprio in linea con la filosofia rock, risolutamente "karasciò"!

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