È il secondo disco del Banco, si tratta di un concept dedicato al tema dell’evoluzionismo (Darwin, per l’appunto) tanto caro al pensiero "laico", e spesso tanto malvisto da un certo integralismo religioso. Tranne rare eccezioni, questi dischi sono sempre portatori di un tipo di pensiero "forte", incisivo, condivisibile o meno. Guarda caso, infatti, le prima parole di Francesco Di Giacomo recitano:

"Prova, prova a pensare un po’ diverso,
niente da grandi dei fu fabbricato,
ma il creato s’è creato da sé,
cellule, fibre, energia e calore"

che caratterizza implicitamente il "manifesto" dell’album. Si parte dall’origine della vita sulla Terra, passando per l'evoluzione dell'uomo, la ricerca dell'amore, la caccia, fino ad arrivare ai primi macabri presentimenti fino alla fine di tutto. Tralasciamo il contenuto e le considerazioni sugli ottimi testi, e concentriamoci sulla musica: stiamo parlando di uno dei migliori gruppi progressive italiani in assoluto. Inutile tentare di stilare una lista dei "pari" che sarebbe comunque incompleta (lo dico ogni volta, scusate): limitiamoci a dire che i nostri sono stati tra i designatori di un genere musicale seguitissimo (abbastanza in Italia, molto di più all’estero) che abbandona gli schemi propri della musica fino ad allora concepita, portando all’estremo ciò che usciva dagli amplificatori dei Led Zeppelin, del rock '60, miscelando sapientemente anche il barocco della musica classica. La voce di Di Giacomo è splendida, ma può non piacere a tutti, essendo su toni diciamo inusuali: riesce tuttavia a creare quella magia che solo il progressive-sinfonico riesce a dare. Il tutto condito con tante digressioni mai noiose ed altamente evocative, a suon di mèllotron, pianoforte e assoli di chitarra.

Lunga suite introduttiva, bellissima, con continue variazioni sul tema, un cantato straordinario e con una metrica vocale insolita (e perfetta!) ed indimenticabile già dal primo ascolto. Massicce ed onnipresenti le parti per così dire barocche (tastiera e pianoforte), degne delle migliori opere classiche, con un finale decisamente da brivido. Il disco prosegue con l’evocativa "La conquista della posizione eretta", nei cui primi 3 minuti ci sembra di avere davanti il primo ominide che inizia a sollevarsi da terra, senza però aver ancora "drizzato il collo".
Se poi da una parte si segnalano la meravigliosa "Cento mani e cento occhi" (con il tema della lotta per la sopravvivenza) e la mai banale "750.000 anni fa... l’amore?" (una vera poesia), dall’altra, se proprio volete trovare un difetto, le ultime due tracce del disco risultano leggermente indigeste. Ma è un'opinione (che qualcuno non condividerà). Un gran disco, nel complesso, ma sicuramente il primo "salvadanaio" si segnala per una maggiore incisività.

"7 giorni son pochi per creare"

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