La scena underground di Pesaro negli ultimi mesi ha fatto la voce grossa all’interno del grande stivale: dalle sensation new-wave dei Soviet Soviet ai Brothers In Law arrivando ai Be Forest. E mi fermo qui al momento.
Il passaporto qui non mente, ma l’orizzonte e l’aspirazione è quella internazionale, dove i ragazzi, Costanza, Erica e Nicola (oggi quattro) sono apprezzati e viene riconosciuta la loro bravura.
Uscito nel 2011 per la We Were Never Being Boring “Cold” rappresenta l’opera prima della band marchigiana.
La splendida ed evocativa copertina di “Cold” è una sorta di porta di ingresso, di benvenuto nella loro gelida e impervia foresta invernale. Un disco ammaliante. Una foresta ghiacciata, costellata di strane creature e riempita da strani rumori, dove si odono da lontano i richiami e le nenie di una dolce e incantevole sirena.
I riferimenti sono tanti, ma quello che resta sono un pugno di buonissimi pezzi dalla hit “Florence” dove si sente forte l’influenza della new-wave ottantiana al dream-pop con venature shoegaze di “Dust” e “Thrill” senza dimenticare ancora “Wild Brain” o la neve artica con annesso plenilunio di “Buck & Crow”.
Ci siamo addentrati troppo in là, adesso è troppo tardi, di uscire da qui non se ne parla, la foschia copre tutto, non si vede più niente ad un palmo di mano, ma ormai ci sentiamo parte integrante della natura, siamo a nostro agio. Ci stendiamo, non aspettiamo altro, che lei, la foresta, ci entri nei polmoni.
Mettiamo da parte l’esterofilia a tutti i costi che è diventata lo sport nazionale preferito da molti, insieme all’adulazione verso “l’estraneo” naturale corollario della prima e siamo orgogliosi anche di quello che accade in casa nostra.
Perché The xx e Beach House si e loro no?
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