Non c'è dubbio: David Beck Hansen è un genio, un maestro.

E dopo l'ottimo ritorno del suo allievo italiano Bugo con lo strabiliante "Contatti", poteva mancare un suo nuovo lavoro, specialmente in un'annata speciale come il 2008?

No, per fortuna.

A distanza di due anni dall'ultimo "The Information" (disco che sinceramente non ho approfondito al livello dei precedenti), il folletto statunitense sforna la sua ultima fatica, intitolata "Modern Guilt". Stupisce innanzitutto la durata del lavoro, solo poco meno di 34 minuti, visto che in genere i lavori di Hansen vanno da poco meno di 50 minuti fino a durare quasi un'ora.

Stavolta il nostro si fa aiutare dal produttore Danger Mouse e da Cat Power. Quest'ultima sarà l'autrice del vago sapore retrò udibile sia nell'introduttiva "Orphans", dal vago sapore country, che in "Walls" (non sentite qualcosa che fa rimembrare la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70?).

Retrò. Una parola che può suonare come un male per qualcuno, come un bene per qualcun altro, se usato bene. E qui è usato bene. A dettar legge è quel basso in stile spy-story udibile in "Gamma Ray"... molto funky direi. Sonorità che si riascolteranno anche in "Youthless". Ma la traccia che prediligo maggiormente è "Chemtrails". Genere? New wave? Noise rock? Giudicate voi... quelle leggere note di pianoforte unite ad una batteria pestosa sono una delle idee migliori mai avute da Hansen per questo cd. Godibilissimo anche il finale in stile "Paranoid Android". Ed inoltre sembra non aver abbandonato il rock a quanto pare, ascoltando "Soul Of A Man", con una leggera sfumatura blues, e sopratutto "Profanity Prayers" (la più settantiana di tutte). Tende al beat e al pop (quello serio eh) con la titletrack, caratterizzata da una melodia che lascia il segno e da un "da da da da" che non è ai livelli delle cose preconfezionate pseudo-radiofoniche.

Magari qualcuno penserà che il Beck di oggi sia solo questo, e potrebbe addirittura rimanere deluso. Ma mantiene ancora il suo lato maggiormente elettronico.

A dimostrare ciò è una certa "Replica", jungle allo stato puro, che termina quasi ipnoticamente grazie all'uso di una marimba impazzita.

Chiude il tutto l'introspettiva "Volcano", con un Hansen intenso, riflessivo, dubbioso, ossessionato da certe visioni.

"I don't know what I've seen
Was it all an illusion?
All a mirage gone bad?
I'm tired of evil
And all that it feeds
But I don't know"

"Modern Guilt" forse è una sorta di disco riassuntivo, un vademecum di tutto ciò che va da "Mellow Gold" fino a "The Information". Ed anche una prova che Beck effettivamente non è uscito completamente (o meglio, non è mai uscito) dal tunnel acustico dove già era entrato in "Mutations" e soprattutto in "Sea Change".

Chi non aveva adorato il Beck di "Guero" e "The Information" probabilmente troverà pane per i suoi denti in questo "Modern Guilt". Soddisfazione assicurata al 100%.

Vecchio e nuovo si uniscono, in una sinergia che lascia il segno. Niente di stupido, niente di banale. Pura genialità.

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