L'exploit del 1967 non è stato una coincidenza fortuita: l'anno successivo i Bee Gees rilanciano pubblicando nel giro di nove mesi ben due album: il primo, "Horizontal", dominato da ballate incantevoli come i singoli "World" e "Massachussets", ma abbastanza statico e trascurabile nei suoi pochi episodi "frizzanti; il secondo, "Idea", è invece uno dei capisaldi della discografia del trio: messe da parti le sonorità baroccheggianti di "Bee Gees' 1st", questo LP vira verso un eclettico pop di tendenze progressive, assai raffinato e curato a livello di sonorità ed arrangiamenti: più vario e maturo rispetto al suo predecessore "Horizontal", fà da apripista a quello che sarà l'album più complesso ed ambizioso dei fratelli Gibb, ovvero il doppio "Odessa" dell'anno successivo.

Tra le tante idee vincenti di questo disco vi è senza dubbio la meravigliosa opener "Let There Be Love", una ballad romatica dall'incedere enfatico e quasi epico: spiccano le maestose orchestrazioni firmate Maurice Gibb e il cristallino suono dell'arpa che accompagna la prima strofa; la ricercatezza strumentale è appunto una caratterista tipica dei Bee Gees di quel periodo e in particolar modo di questo album: l'arpa, accompagnata dal flauto e dallo xilofono, fa capolino anche nella bucolica "In The Summer Of His Years", candida ballata che rimanda agli episodi migliori di "Horizontal", a cui si rifanno anche "When The Swallows Fly", la dolce cantilena "Swansong" e il singolo "I've Gotta Get a Message To You" ma questo album è assai più ricco di... idee rispetto al precedente, che come suggerisce il nome peccava di una certa piattezza: tra le più originali si segnalano "Down To Earth", con le sue rimbombanti note di piano e il suo cantato smarrito ed echeggiante ha un'atmosfera quasi straniante, finora sconosciuta ai Bee Gees, la sorniona "Indian Gin And Whiskey Dry", breve esperimento di pop psichedelico dal ritornello ipnotico ripetuto in continuazione, "Kilburn Towers", che propone un folk dai toni piuttosto rarefatti e meditativi, accompagnato dal flauto e da evocative orchestrazioni, l'ironica marcetta "I Have Decided To Join The Air Force Today", arrangiata in modo volutamente goffo e pomposo e infine l'unica canzone dei Bee Gees a non portare la firma dei fratelli Gibb: "Such A Shame", composta ed interpretata dal chitarrista ritmico Vince Melouney, un piacevole merseybeat dai riflessi country rock, accentuati da numerosi passaggi di armonica. Notevole anche "Kitty Can" brillante diversivo folk scandito dai ritmi delle maracas, il brano forse più simpatico dell'album, e ovviamente il secondo singolo dell'album, "I Started A Joke", dalla melodia innocente e accattivante, appena sfiorata da un filo di malinconia, che esprime tra le righe un sottile disagio e mal di vivere ben interpretato dalla tremula voce di Robin.

Lussureggiante caleidoscopio di un pop cronologicamente lontano ma (o, per meglio dire, proprio per questo) interessante e mai scontato sotto ogni punto di vista, "Idea" è un album quasi perfetto e volendo anche seminale, non solo per i Bee Gees medesimi, pecca solo in una titletrack appena abbozzata e priva di personalità e risulta forse un po' meno spontaneo e "artigianale" se paragonato a "Bee Gees' 1st", ma tanto basta per superare di slancio la soglia delle quattro stelle ed essere annoverato tra gli album fondamentali di un genere tanto marcio e decaduto oggi quanto rigoglioso, artistico e splendente in quegli anni felici per la musica tutta.

Carico i commenti... con calma