Uscito rapidamente (solo 3 giorni) nelle sale cinematografiche italiane lo scorso 27 febbraio, "Becoming Led Zeppelin" realizzato da Bernard MacMahon è da poco disponibile sulla piattaforma Prime Video. E confesso che aspettavo questo momento fin da quando la pellicola fu presentata in anteprima al festival di Venezia nel 2021. Il motivo non è dovuto solo alla storica importanza di una rock band come la suddetta , ma soprattutto per una mia personale intenzione di verificare la fondatezza di quanto allora scrisse un giornalista (di cui non ricordo il nome) secondo il quale l'opera non era propriamente in tema. Eppure, come già il titolo dichiara esplicitamente, diventare qualcuno o qualcosa richiede un processo evolutivo articolato in alcune fasi. Sì è mai visto (e non solo nel caso dei Led Zeppelin) un'immediata ed inspiegabile epifania agli occhi del pubblico, manco fosse il cosiddetto fungo che spunta nel terreno di un bosco (anche questo un evento non poi così immediato e magico)?
Ma è ben risaputo che non tutti i cronisti possono capire completamente quanto osservano e riferiscono poi (in ambito musicale qualcuno sul Debaser ha ricordato il giudizio infondato formulato dalla giornalista Aspesi dopo aver assistito ad una delle prime esibizioni canore di Lucio Battisti). E ahimé non capire bene l'impianto di "Becoming Led Zeppelin" è solo l'ennesima figuraccia. Infatti, nell'arco di poco più di 2 ore, il regista MacMahon ci propone scrupolosamente e precisamente il percorso evolutivo dei quattro componenti del grande gruppo dagli anni giovanili fino alla pubblicazione del secondo album dei Led Zeppelin e al loro indimenticabile concerto al Royal Albert Hall di Londra nel gennaio 1970.
Ricco di interviste a Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones, unitamente a brani dell'unica intervista radiofonica rilasciata da John Bonham ( batterista colossale e uomo tendenzialmente timido e riservato), il documentario ci ricorda, qualora lo si fosse dimenticato, che la chimica del successo dei Led Zeppelin fu semplicemente la passione dei quattro nel comporre ed eseguire musica di derivazione blues, ad un volume massimo, surclassando gruppi e solisti coevi di tutto rispetto (e non sto qui a far nomi, non dovrebbero risultare ignoti agli utenti di Debaser). Non c'è quindi spazio a pettegolezzi sulla vita dissoluta di tipiche rockstar, per il semplice motivo che il successo giustamente riscosso dai quattro musicisti ben noti fu frutto di tanta sudata gavetta. E certi fatti mi erano proprio ignoti, come la partecipazione di Jimmy Page e John Paul Jones (entrambi session men per tanti gruppi britannici degli anni sessanta) all'incisione del brano "Goldfinger", da parte di Shirley Bassey, per la colonna sonora dell'omonimo film della saga di James Bond.
Quando poi Jimmy Page pensò bene di fondare un gruppo sulle ceneri degli Yardbirds di cui aveva fatto parte fino al 1968, fu per una serie di fortunate combinazioni che si formò il quartetto come l'abbiamo conosciuto. Ed è significativo che, grazie all'intercessione di un astuto talent scout del calibro di Peter Grant , i Led Zeppelin si siano prima imposti negli USA, in cui siglarono un buon contratto con la major Atlantic, per poi affermarsi anche nella patria britannica.
Come è qui ben visibile e udibile in vari filmati di concerti, nel periodo fino all'inizio del 1970, assistere alle loro esibizioni era un'esperienza unica e rara, in grado di creare una sorta di simbiosi energetica e forse mistica fra i musicisti sul palco e il pubblico in platea. I Led Zeppelin ci mettevano l'anima e non si limitavano ad eseguire accuratamente le proprie composizioni. La propensione ad improvvisare germinava lunghe jam session di oltre 3 o 4 ore partendo da brani già corposi come"Dazed and confused" "Communication breakdown", "Baby I'm gonna leave you" solo per citarne alcuni, al cui confronto quanto eseguito in tempi più recenti da Bruce Springsteen (tanto per dire) in tema di improvvisazioni nei suoi concerti non regge il livello.
Insomma un'esperienza elettrizzante, che ha il dono di riportarci ai tempi in cui il rock non era per niente standardizzato e prevedibile. Poi, certo, la vicenda esaltante dei Led Zeppelin si è protratta per tutti gli anni settanta e si è chiusa tragicamente con la morte improvvisa di John Bonham. Continuare senza di lui non avrebbe avuto senso e chissà che il bravo regista MacMahon non nutra l'idea di raccontare anche quella seconda fase del gruppo. Intanto, inviterei caldamente certi giornalisti a prestare maggiore attenzione a quanto vedono e riferiscono, perché la cantonata può essere dietro l'angolo...
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