A tre anni di distanza dall'inascoltabile e pretenzioso "Medulla", Björk Guðmundsdóttir torna il 7 maggio 2007 con quest'ultimo lavoro, "Volta". Ritorna sui suoi passi la banshee dei ghiacci, ovvero nel pop sperimentale che le è più congeniale e che le ha portato un certo successo commerciale.

Questa volta si autoproduce e si avvale di svariate collaborazioni, tra cui Antony Hegarty di Antony And The Johnsons, il batterista-sassofonista Brian Chippendale dei Lightning Bolt, il musicista del Mali Toumani Diabaté, il percussionista Chris Corsano, il cinese Min Xiao-Fen, suonatore di pipa (liuto cinese), Mark Bell, pioniere della house music e dell'IDM, una sessione fiati interamente islandese e una schiera di ingegneri dell'elettronica. Rispetto all'introspettivo e crepuscolare "Vespertine" dai suoni cristallini e fiabeschi, l'album sembra un ritorno alle passioni terrene, a sonorità primordiali, al suono "sporco" come al folletto islandese piace definire. "Volta" è un album cacofonico, basato su un uso quasi smodato di fiati e percussioni, di elettronica rumorosa e acida, ritmi tribali, e incursioni nell' hip hop e nella world music.

Earth Intruders, che uscirà come singolo, è un brano di ascolto tutt'altro che lineare e di facilità immediata, che va al di là della semplice pop dance elettronica. Si ha quasi una sensazione di claustrofobia all'ascolto. E' una spessa parete di sonorità elettroniche fitte e stridenti, ogni spazio vuoto viene riempito, ritmi e percussioni dall'impatto devastante, voce ovattata e distorta alternata da gorgheggi un po' infantili e acuti tipicamente alla Björk. Bizzarra la chiusura con i tromboni e le tube che creano effetti a mo' di sirena di nave con varie tonalità.

I fiati sono ancora in primo piano nella solenne Wanderlust, impiegati in un sottofondo di tonalità sorde e aspre in conflitto fra loro a cui si adattano perfettamente gli effetti cibernetici dei synths, e nella terza traccia, The Dull Flame Of Desire: un meraviglioso duetto con Antony Hegarty, una canzone ad alto contenuto romantico, mai stereotipata e banale, impreziosita da ispirate performances vocali e da una vasta gamma di percussioni tribali assillanti, che avanzano in crescendo per il gran finale.

Innocence è un devastante e acidissima potente esplosione di cadenze stomp ed effetti elettronici che sembra vogliano graffiarti e prendere a schiaffi. L'impostazione ritmica e della melodia, come la parte vocale, fanno pensare a una specie di Big Time Sensuality post-nucleare del terzo millennio. I See Who You Are è una sperimentazione ben riuscita di musica tradizionale cinese grazie alla pipa di Min Xiao-Fen dai suoni caldi e minimali e la voce di Björk sfruttata al meglio in un controcanto melodioso ed argentino.

Drammatica e insinuante è Vertebrae by Vertebrae, strutturata in maniera classica e dalla ritmica sofisticata e sincopata, in cui la sezione fiati brilla di luce propria, incalzante e cupissima, mentre in Pneumonia arriva l'occasione per i corni di mettersi in mostra e condurre Björk in tutta la durata del pezzo, interpretato con grande intensità emotiva e reso ancor più suggestivo dall'effetto pioggia.

Hope vede l'effervescente prova di Toumani Diabaté alla kora, il liuto senegalese, con Björk al clavicordo in un delizioso e cristallino pezzo pop-world. Ma Declare Indipendence incombe come una rovinosa deflagrazione: si tratta di un acidissimo brano techno-hardcore ed electroclash che picchia duro come le urla stravolte di Björk mai così istericamente frenetica. Uno dei pezzi migliori dell'album.

Chiude l'album la breve My Juvenile, pronta a smorzare i toni eccessivi della sulfurea traccia precedente e che vede nuovamente Antony Hegarty come comprimario della piccola islandese. Splendida anche questa interpretazione dei due artisti, in un brano minimalista dal punto di vista strumentale, ma ricco di raffinati e complessi equilibrismi vocali di Björk.

Volta si presenta come un lavoro ben fatto e ricco di idee, forse un po'eccessivo e ridondante negli arrangiamenti, ma che ha il coraggio di proporre qualcosa di interessante e abbastanza variegato dal punto di vista stilistico e sonoro. Lo considero un itinerario attraverso suoni primordiali e legati alla madre terra, ancestrali, di sapore antico e tradizionale. Forse "Volta" non sarà abbastanza easy listening da poter avere un grosso seguito e non si presenta eccessivamente ostico e sperimentale da risultare indigesto; resta comunque un'opera stimolante e creativa, che certamente riscatta l'artista islandese dal passo falso di "Medulla" e la riporta a dimensioni più abbordabili e credibili.

 

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