Anello di congiunzione tra la psichedelia degli anni sessanta (Cream e Iron Butterfly in particolare), l'hard progressive (Uriah Heep prima maniera), il blues nelle sue forme più radicali, i Black Sabbath infondevano nella loro musica una rivoluzione probabilmente inconscia (e qui sta la grandezza della band, di non creare nulla di meditato) che avrebbe mutato le radici del suono hard e si sarebbe riflesso in tutto l'heavy-metal futuro. Qualcosa di estremamente innovativo, l'equivalente heavy del dark-indie dei Velvet Underground di New York.

Ancora oggi Paranoid è un autentico capolavoro, un album che fa delle complesse e articolate sperimentazioni di Toni Iommi (sicuramente il miglior chitarrista vivente ancor oggi) un vero e proprio punto fermo. Non è tanto per i riff indimenticabili che crea (straordinaria la lezione dell'heavy-jazz di "Wicked World" nel precedente, irripetibile esordio ononimo) ma per la sorprendente capacità di lievitare forme sonore che avrebbero creato qualcosa anche a distanza di decenni. Non è forse "Planet Caravan" (qualcuno ci provi a negarlo) il primo brano doom della storia della musica rock? My Dying Bride e Candlemass abitavano già qui, anche se nessuno poteva saperlo. Beh, "Paranoid" la conoscono tutti, basso e batteria sono ancora micidiali, anche se oggi fa uno strano effetto, perché è un brano di cui si è parlato pure troppo... Rumore parla di album politico nell'ultimo numero e credo che abbia ragione in parte: effettivamente il testo di "War Pigs" "generals gathered in their masses just like witches at black masses" ispirato - si dice - alla guerra in Vietnam non dà adito a dubbi. Semmai di dubbi ne dovrebbero tornare ai tanti che hanno ingiustamente associato Ozzy & Co: al grand-guignol e al gusto per il macabro.

Se le vicissitudini personali di Ozzy o Bill Ward non avranno messo in luce identità troppo limpide sotto il profilo della ragione, sono affari loro: massimo rispetto anche per i loro crolli emotivi, erano (e sono) dei grandissimi artisti. Ma i testi dei Black Sabbath in realtà univano la fascinazione barocco-decadente per la letteratura dark inglese e non (da Lord Byron a Poe passando per Stevenson) al senso minaccioso di "malefica" quotidianità del presente. Erano, sono, testi di rara bellezza, capaci di sprigionare tutto il dolore e l'angoscia di un mondo che non riesce mai (né allora né oggi) ad esprimere compiutamente il meglio di sé. Mi piace inoltre pensare che se i Black Sabbath erano tabù presso il sistema, oggigiorno le tematiche della morte sono diventate praticamente un fatto odierno, una realtà che non suscita nemmeno timore. Ma nella dimensione heavy-dark di quest'album troviamo ancora diverse sorprese: come la voce in vocoder di "Iron Man" o la splendida "Electric Funeral", ma soprattutto è come una litanica profezia per un'umanità che non teme forse per la propria sorte individuale ma la fine della propria civiltà intera, il timore inconfessabile di non poter salvare nulla. Qualcosa che va ben al di là della musica e della cover, con quell'estasi temporale di un'arma che riscatta maledettamente la vocazione dell'uomo di ogni epoca: un "Sabba Nero" che agisce dentro e fuori di noi...

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