L'anno é il 2002, Tom De Longe é di ritorno alla base dopo un tentativo -piuttosto riuscito, a dire il vero, ma non risolutivo- di soddisfare certi pruriti artistici attraverso il side project Box Car Racer, messo in piedi col contributo più che determinante di Travis Barker.
L'esperienza di venire estromesso dal socio di più lunga data ha riportato virtualmente Mark Hoppus indietro di un decennio, quando scalare il palo dell'illuminazione pubblica davanti casa della signora De Longe sembrava essere l'unica maniera per ottenere interesse e considerazione da parte del suo futuro compagno di band.
Solo diversi anni dopo -quando durante un'intervista venne invitato a ricordare quel particolare passaggio della propria carriera- lo stesso Hoppus ammetterà che si, ingaggiare altri musicisti ed esplorare assieme a loro nuovi orizzonti musicali fu parecchio insensibile da parte di De Longe, ma anche che probabilmente i Box Car Racer non si sarebbero resi necessari se quest'ultimo si fosse sentito maggiormente a proprio agio, nella condizione di potersi esprimere senza pressioni riguardo la direzione artistica da condurre insieme.
Tant'è, il rapporto di collaborazione, e certamente anche la lunga amicizia, sono ormai incrinati e la competizione interna per il ruolo di miglior compositore é completamene fuori controllo.
In questo clima irrespirabile per la miscela tossica di frustrazione, non detti ed instabilità, Jerry Finn impacchetta i blink-182, o quello che ne rimane, assieme ad una ricca dotazione (oltre che di TV pay-per-view per adulti in onda 24h e quantitativi inimmaginabili marijuana) di strumenti non convenzionali per i suoi quali archi, campane tubolari, contrabbasso, tastiere Mellotron, l'iconica Epiphone di De Longe e spedisce tutto a Rancho Santa Fe, San Diego.
Quí, all'interno di una villa privata messa in affitto dai ricchi proprietari per il lungo periodo di vacanze in giro per l'Europa, installa uno studio di registrazione e ci si blinda per sei mesi, cesellando con perizia artigiana quello che diverrà il colpo ad effetto per la carriera del combo di Poway.
Pubblicato in questo stesso giorno di vent'anni fa, non passerà molto tempo prima che certa stampa si affretti a definire questo lavoro omonimo come "il disco della maturità dei blink-182".
Considerazione giusta, in un qualche modo, ma "blink-182" indubbiamente é anche molto altro.
Per esempio é audace nel costruire i due singoli "Feeling This" e "Down" cominciando da pattern di batteria 'hip-hopeggianti', ed é furbo a strizzare l'occhio a sonorità che ben presto avrebbero preso il sopravvento nelle radio e nelle TV, oltre che nelle charts di mezzo mondo, arrivando a dominare il mercato musicale ancora oggi.
É sarcastico e vagamente polemico quando De Longe, in "Obvious", si toglie di bocca certi versi:
"eccoti di nuovo quí/credo tu mi abbia usato ancora/dovremmo riprovarci prima di arrenderci e passare oltre/fingendo di preoccuparci e di resistere per il bene di ciò che abbiamo costruito?/in tempi come questi é ovvio"
É teso ed asfissiante oltre ogni limite e quando "The Fallen Interlude" segna il giro di boa della tracklist, entra nel cuore come un coltello caldo affonda nel burro.
Una tregua appena accennata dalle rasoiate schivate fino a quel momento che si vorrebbe non finisse mai.
É rabbioso quando rievoca episodi di violenza domestica vissuti da Hoppus attraverso "Go", ed é socialmente impegnato quando l'inedita formula spoken words di "Violence" denuncia la cultura dello stupro.
É poetico mentre la voce di Joanne Whalley recita le lettere che il nonno di Hoppus invió alla moglie direttamente dal fronte, durante la seconda guerra mondiale.
É alchemico per come viene scritto il testo di "Stockholm Syndrome", a quattro mani ma in due stanze separate e senza accordarsi prima sul tenore ed il contenuto, ma anche turbolento per via di quello che le voci di Hoppus e De Longe si gridano a vicenda.
É immaginifico quando l'estratto originale di una trasmissione fra la NASA e la missione Apollo 9 apre "Asthenia", e per come utilizza la metafora di un astronauta che osserva casa dallo spazio dubbioso sul tornarci; nel cuore del brano Tom lamenta di sentirsi incastrato in un ruolo che non riconosce più come suo:
"ho la mente colma di ricordi/per la grande maggioranza sono delusioni/questa stanza é annoiata dal nostro provare/sono stanco di avere barriere/mi manchi così tanto"
É romanticamente impacciato mentre gioca a sperimentare con i suoni di sintesi in pieno stile anni '80 di "Always".
É politico per come denuncia il music business in "Easy Target":
"Holly (Hollywood) sembra assetata mentre cerca un bersaglio facile [...] ha una missione da compiere/io sono il suo danno collaterale/é il fiore che posi sulla mia tomba/assaporo il momento prima che i ricordi volino via veloci"
É brillante per come la progressione di accordi dell'outro rallenta, sfumando nell'intro di "All Of This", ed é bipolare per il modo nel quale riprende il discorso del brano precedente:
"usami, Holly/andiamo, usami/sappiamo entrambi cosa stiamo facendo"
É commovente per il calore col quale abbraccia il guest Robert Smith.
É malinconico in "I'm Lost Without You", la colonna sonora ideale per ballare ubriachi al centro del soggiorno in un sabato sera di pioggia.
Ben intesi, "blink-182" non é quel manifesto per la carriera che fu "Enema Of The State", non ne ha la stessa portata e non avrebbe mai potuto abbracciare trasversalmente due diverse generazioni.
Anche e soprattutto a livello contenutistico, si tratta perlopiù di un documento messo a disposizione dei fans di più vecchio corso, utile a comprendere la parentesi più complicata della band fino a quel momento.
Prima dello hiatus del 2005, dell'incidente aereo che coinvolse Travis Barker nel settembre del 2008, prima del ritorno sulle scene un anno più tardi, prima che volassero i piatti una seconda volta nel 2015, prima dell'ennesimo reintegro di De Longe annunciato soltanto un anno fa.
Le tematiche affrontate non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni diverse: i blink-182 nel 2003 sono al capolinea.
Peccato, perché "blink-182" é sembrato un nuovo inizio per la band, qualcosa di diverso, traboccante, qualcosa che valesse la pena essere esplorato ulteriormente. Spoiler: non succederà.
Ed anche se chi scrive non é il più grande fan di tutto ciò che abbiano creato dall'era Skiba in poi, é ugualmente felice che siano stati abbastanza coraggiosi da allontanarsi dal loro sound originale per esplorare qualcosa di nuovo.
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