Qualche anno fa erano considerati una delle tante meteore della musica usa e getta che da sempre imperversa inesorabile nelle radio. La spontanea e diffusa diffidenza verso questo gruppo da parte dei fruitori più colti ed esigenti era parzialmente giustificata dal lancio di singoli fortemente esposti al mai sgradevole rischio di diventare hit in men che non si dica. Strategia discografica che sovente innalza un muro di pregiudizio verso il marchio in questione. Fulcro del dibattere, che farà storcere il naso ai più, sono gli ormai ex-Eiffel 65, band talvolta tacciata di comporre colonne sonore per luna-park.
Già da un paio d’anni, Gianfranco Randone e Maurizio Lobina, rispettivamente cantante e musicista, hanno abbandonato il vecchio progetto per lanciare una nuova sfida col nome Bloom 06, che per l’appunto vuole significare "sbocciare nel 2006". Finora hanno dato alla luce due album, accomunati dal titolo sequenziale, ma molto diversi fra loro. Se in "Crash Test 01" avevano esplorato i sottoboschi della New Wave e dell’Indie Pop, con "Crash Test 02" si sono posti l’obiettivo di conciliare le sonorità Dance, di cui è munifico il loro background, con un sound rinnovato che vede basso elettrico e chitarre d’ogni sorta inserirsi armonicamente fra selve di campionamenti e sintetizzatori. Due capitoli di uno stesso libro, caratterizzati da un mix esplosivo in cui confluiscono, in dosi differenti, le influenze di U2, New Order, Depeche Mode, Daft Punk, e più in generale gli anni ’80 e ’90. Con l’ultimo episodio della saga, ascrivibile nel campo della cosiddetta Intelligent Dance Music, ovvero un lavoro da ballare ma anche in grado di far riflettere, il duo conferma una maturazione artistica che permette, in ogni frangente, di disegnare per ciascuna canzone l’abito musicale più adatto. In questo contesto si segnala la veste camaleontica del vocalist, che, in taluni episodi, porta alla memoria la magnetica oscurità di Dave Gahan. La tracklist vede inoltre ripresentarsi lo storico dualismo linguistico della band, con 7 pezzi in inglese e 3 in italiano. Si delinea così un’opera eterogenea in cui una delle poche certezze sembra essere la ritmica in 4/4, di cui viene fatto un uso forse eccessivo. I temi trattati dalle liriche, nonostante il linguaggio di facile comprensione, rifuggono la banalità, prestandosi alle volubili interpretazioni dell’ascoltatore ed evidenziando un mood cupo e negativo, infranto da flebili bagliori d’ottimismo.
Dall’eco dei Daft Punk e dagli algidi intrecci sonori della multiforme "Between The Lines" al forte contrasto elettrico-elettronico di "Welcome To The Zoo", che presenta originali sovrapposizioni e avvicendamenti fra pianoforte, basso alla The Cure, suadenti chitarre, cassa Dance anni ’90 e manipolazioni vocali. Dal sentimento universale di "Anche Solo Per Un Attimo", che pecca però di monotonia nell’arrangiamento, alle contraddizioni e all’involuzione morale della società moderna di "Reaching For The Stars", col suo sound potente e corposo di respiro internazionale. Dai riferimenti ai Depeche Mode dell’era "Music For The Masses" presenti nella poetica ed ipnotica "Fall" alla vena underground di "Here We Are", segnata da un peculiare urlo soffocato nel refrain e da un sofisticato tappeto musicale da dancefloor. Dalla spettrale fusione fra piano e theremin in salsa Trip Hop e dal crudo quadro bellico di "In Your Eyes" alla spensierata strafottenza di "Un’Altra Come Te", primo singolo estratto, in cui l’Elettronica si presta al Pop per un brano easy listening decisamente trascinante. Dal ritornello scioglilingua e dai nostalgici richiami ai trascorsi da Eiffel 65 e agli anni ‘80 di "You’re Amazing", alla sperimentazione, la cura maniacale, l’atipica tecnica vocale e il sensuale romanticismo di "Nel Buio Tra Di Noi".
In definitiva, agli antipodi delle atmosfere calde, intime e sognanti del primo disco, per mezzo dell’ultima fatica dei Bloom 06, veniamo catapultati, sin dai primi istanti di riproduzione, in una discoteca d’èlite, in cui è un’ardua impresa resistere all’istinto di muoversi a tempo, seppur con mirabile eleganza, lungi da scoordinate schizofrenie od insensati sbattimenti di capo.
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