Per quanto si tenti di cogliere quell’essenza frizzante e palpitante che lo anima, la domanda che viene più spontanea è: che cosa rende il blues un genere musicale così magico ed emozionante? Molti credono che sia musica parte di un’epoca ormai passata: niente di più sbagliato!

Per capirlo basta farsi avvolgere dall’atmosfera di un film e di una colonna sonora diventati autentici cult: “The Blues Brothers” . Considerato un pilastro del cinema musicale americano, diretto da John Landis ed uscito nel 1980, “The Blues Brothers” raccolse l’ eredità del rithm’n’blues dei ghetti metropolitani e del soul delle periferie disagiate, divenendo una commedia musicale che celebra i grandi artisti ed icone che dagli anni ’40 agli anni ’70 resero popolari e famosi questi due generi musicali prevalentemente “black”.

Ma cos’hanno in comune i mitici musicisti blues afroamericani con due sgangherati fratelli, bianchi, vestiti da becchini? Assolutamente niente, solo una grande passione per la musica. Infatti i Fratelli Blues sono John Belushi (Joliet Jake) e Dan Aykroyd (Elwood), situati agli opposti sia fisici sia caratteriali, e proprio per questo una coppia complementare, esplosiva e demenziale, già rodata nel Saturday Night Live. Il cast è formato da famosi musicisti tutt’ora considerati (ed in parte compianti) come autentici mostri sacri: Cab Calloway, Ray Charles, James Brown ed Aretha Franklin, i quali, oltre a recitare, reinterpretano i loro successi assieme alla “Blues Brothers Band”, capace di dar loro nuova vita ed energia. La colonna sonora non segue esattamente l’ordine cronologico del film, variando a seconda delle riedizioni, e spazia dal blues al rock al soul, passando anche per il country & western.

She caught the Katy” mette in mostra il talento canoro di Belushi, la cui voce leggermente roca si adatta in modo perfetto al suono cristallino degli ottoni, sostenuti da un’ ottimo lavoro ritmico delle due chitarre e del piano, alternanandosi all’ armonica sorniona di Aykroyd che dà quel tocco metropolitano al brano. Il “Peter Gunn’s theme” è l’unico pezzo strumentale, dal ritmo incalzante, in cui emergono le ottime qualità solistiche della band; in questo caso i veri protagonisti sono ancora gli ottoni, primo fra tutti Lou Marini al sax. “Gimme some lovin’ ” , un classico degli Spencer Davis Group qui in una versione tendente più al blues-rock, viene cantato da John e Dan insieme in alcuni frangenti, risultando così un pezzo piacevole, ben ritmato e molto adatto ad esibizioni live (ma non in locali country… !). E se l’orchestra funziona, è merito anche degli strumenti: e chi poteva essere più adatto ad una “prova” se non il mitico ed insuperabile Ray Charles con “Shake a tailfeather” ! Impossibile star fermi ascoltandola: Ray qui trasmette tonnellate di energia, facendo ballare tutta la gente del quartiere, a ritmo di twist. Ma il cuore della colonna sonora è un pezzo che più d’ogni altro si presenta come un inno all’amore universale e disinteressato: “Everybody needs somebody to love” , la cui trascinante e pirotecnica interpretazione dei Brothers (incredibili le capriole di Jake e il balletto con Elwood) infiamma il pubblico e anche la Polizia; splendido ritornello, da cantare a squarciagola!

Ora il blues non ha più confini: e lo dimostra il “reverendo” James Brown, che trasforma una semplice funzione domenicale in un ballo scatenato, a cui partecipano tutti i fedeli: “The Old Landmark”. Nelle tavole calde prevale invece il soul, difatti in una di esse ci lavora Aretha Franklin, che coverizza la sua “Think” , rendendola più aggressiva e ritmata; la regina del soul ci mette tutta la sua grinta e il brano non sfigura affatto in confronto all’ originale. C’è spazio anche per Dan Aykroyd come lead singer in “Theme from Rawhide”, accompagnato dalla chitarra di Murphy e dalla frusta di Belushi, in cui si parodizza la colonna sonora del famoso telefilm western americano: piacevole, ironica e rilassante. Direttamente dal Cotton Club, invece, “Minnie Moocher” del mitico e leggendario Cab Calloway, che ci regala una delle sue perle swing più famose; divertente il “botta e risposta” col pubblico, e a sentirlo, il buon vecchio Cab (ultrasettantenne) sembra ritornato ai tempi d’oro. “Sweet Home Chicago” si presenta come il festival degli assoli: ogni membro della band personalizza e varia il tema principale, il tutto eseguito dal vivo e con una buona dose d’improvvisazione che rende il pezzo naturale e spontaneo.

E dopo mille avventure al limite della demenzialità e della realtà i fratelli Blues finiscono al fresco, ma ciò non impedisce un’ultima, grande, esibizione davanti al pubblico (carcerario). Non poteva essere più adatto il “Jailhouse Rock” di Elvis Presley, il rock della prigione, reinterpretato ovviamente in chiave blues-rock, trionfale celebrazione e conclusione di un’odissea vivace e multicolore che ha consacrato la coppia Aykroyd-Belushi come cantanti-attori versatili ed affiatati. Questa soundtrack è l’anima di un film che ha saputo mescolare la comicità col blues, che ha celebrato e ridato smalto a questo genere musicale che ancora oggi è più che mai vivo ed apprezzato in tutto il mondo.

Una colonna sonora che rende il film indimenticabile, adattandosi perfettamente alla trama e ai fatti rappresentati, in un intreccio di immagini e musica che si completano a vicenda semplicemente irresistibile e spettacolare!!

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