Erano passati oramai 10 anni dalla domanda "Come ci si sente ad essere come una pietra che rotola?". Erano passati 10 anni dai quei mitici dischi che lo lanciarono nella leggenda. Il vento che prima lo ispirava, ora imperversa contrario e "idiota". Gli ultimi dischi non soddisfano più i suoi fans, disorientati ed ncomprensibilmente infastiditi dai suoi continui cambi di direzione artistica. La moglie, come se non bastasse, lo lascia, solo, un matrimonio in forte crisi, il poeta è perduto, "aggrovigliato nella trsitezza", "con un dolore che va e viene/ come un cavatappi nel cuore".

Bob Dylan è, ora, chiamato a dover rispondere a quel durissimo interrogativo, lanciato allora contro tutto e contro tutti. E la risposta non si fa attendere: fulgida, chiara, geniale, dura, lirica, un viaggio a vele spiegate nei meandri dell'Inferno di Dylan. La risposta è "Blood On The Tracks", ove il sangue che copre le note ed i versi del disco non è più quello della lotta sociale per i diritti, ma è quello dello stesso cantautore, ed anche il nostro stesso sangue, che sgorga dalle ferite aperte dei cuori, che brucia ed arde alla ricerca del Paradiso, anche se disilluso per tutti quei "semplici scherzi del destino" che finiscono per farci soffrire ed a cui diamo inesorabilmente la colpa.

A Bob Dylan è sempre piaciuto rimescolare le carte, ma ora non ha più scuse, ora non cerca comromessi, ora è costretto a svelare la sua cruda verità. E' sorprendente osservare i vari espedienti utilizzati per compiere questa sublime ed intima confessione: il poeta torna indietro nel tempo, ripesca il Viaggio letterario salvifico per eccellenza, la "Divina Commedia", che incornicia lo sfondo di tutta l'opera.

Il viaggio del poeta ha inizio. Mentre lui è "aggrovigliato nella tristezza", è Lei che:

poi aprì un libro di poesie
e me lo porse
Era scritto da un poeta italiano del Duecento
Ed ognuna di quelle parole suonò vera
e splendente come un carbone ardente
trasudando da ogni pagina
come fosse scritta nella mia anima da me per te


A chi dare la colpa di questa sofferenza? La prima risposta è: "semplice scherzo del destino". Questo, però,  non è sufficiente ad alleivare la sofferenza ed il dolore gridati in "You're a Big Girl Now". La sofferenza, come spesso accade, si tramuta in rabbia: Dylan esplode in "Idiot Wind", inveisce a più riprese contro di Lei che lo ha lasciato, che non gli crede più, ma poi stremato, nel finale ammette che il vento idiota soffia anche per lui:

Vento idiota che soffia tra i bottoni dei nostri cappotti
che soffia tra le lettere che abbiamo scritto
Vento idiota che soffia tra la polvere sui nostri scaffali
Siamo degli idioti, babe
E' un miracolo persino che riusciamo a nutrirci da soli.

Dopo lo sfogo e le imprecazioni di impeto senza ritegno alcuno, è il momento della retorica, il picaresco momento della tautologica rivelazione:

Ho brancolato nel buio troppo a lungo
Quando una cosa non è giusta è sbagliata
Mi renderai solo quando te ne andrai

Il poeta sa che rimarrà solo, ma prova ugualmente a riconquistare la sua amata con una magnifica lirica ispirata dalle Muse dell'Olimpo:

Fiori sul crinale della collina, che sbocciano in modo bizzarro
grilli che parlano in rima avanti e indietro
un fiume che tristemente scorre lento e pigro
Potrei restare con te per sempre
e non rendermi conto dello scorrere del tempo 

Già, il tempo... Il giorno che passa inesorabilmente lento, lentissimo senza di Lei. Una giornata tristemente dipinta in "Meet me in the morning", dove la luce e la speranza del mattino lasciano ben presto il posto all'oscurità ed al ricordo della sera.

Dicono che l'ora più scura è appena prima dell'alba 

Ci sarà ancora quest'alba o vivrò per sempre nell'oscurità in cui sono piombato? Questo dubbio amletico imperversa nell'animo del dannato, che spera comunque di trovarsi nel Purgatorio, quando l'attenzione si sposta improvvisamente su un piccolo teatrino di provincia dove sta andando in scena il dramma di  "Lily, Rosemary and the Jack of Hearts". Una pausa decisamente shakespeariana, in cui il dramma dell'amore e della sua fine si compie. Il metateatro va in scena. La poesia esplode! Chi è il "Fante di Cuori"? Dylan? Un amante? Il destino? la colpa? Il rimorso? Tutti questi?
Usciti di scena gli attori, il poeta usa un altro stratagemma teatrale: si rivolge direttamente al pubblico. Il monologo alla Molière ci chiede sommessamente di salutargli l'amata, qualora la incontrassimo. Ci chiede di portarLe il suo saluto, così come un'anima dannata farebbe amichevolmente con Dante.

Ora il viaggio riprende. Lui rivuole la sua amata, Colei che lo salvò, Colei che gli offrì "riparo dalla tempesta". Dylan La ritrae così:

Improvvisamente mi voltai e lei era lì
con braccialetti d'argento ai polsi e fiori nei capelli
Venne verso di me con grande grazia e mi tolse la corona di spine
"Entra" - disse lei - "Ti darò riparo dalla tempesta"

Questa visione divina pare aprirgli la mente ed il cuore, pare offrirgli una rivelazione: il destino non c'entra più. Il poeta recita, infatti, un breve mea culpa, dall'alto del suo orgoglio che oramai è totalmente infranto.

Ora c'è un muro tra di noi, qualcosa è andato perso
io ho dato troppo per scontato, tutto mi si è complicato


Giunto a questo punto, egli sa che ora tocca a Lei decidere, perdonandogli le sue colpe e tornando da lui. Lei diviene perciò alla pari di Dio, poichè governa il suo futuro.

Vivo in un paese straniero ma sto per attraversare il confine
la bellezza cammina sul filo del rasoio, un giorno la farò mia
Se solo potessi tornare indietro all'ora in cui Dio e lei nacquero
"Entra" - disse lei - "Ti darò riparo dalla tempesta"

Indietro, però, non si può tornare. La tempesta riempie Dylan fino alle orecchie, poichè senza quel riparo sacro che egli amava e continua ad amare ed amerà per sempre. Lo ribadisce, forte, anche nell'ultima traccia, "Buckets Of Rain". Questi "secchi di pioggia" non lasciano scampo. Apparentemente sembra la fine. La disperazione, però, trova un ultimo insperato conforto, non sufficiente a riempire l'anima ed il cuore, nè per alleviare il dolore, ma abbastanza utile a dare un senso alla vita, o forse solo per continuarla dignitosamente. Ciò che si fa e ciò che si deve fare, ecco il sottile appiglio finale a cui aggrapparsi. In fondo, anche se tutto pareva crollargli addosso, lo stesso Bob Dylan ci ha regalato un preziosissimo capolavoro, intimo ma di tutti, senza fiato e senza tempo:

La vita è triste
la vita è un pasticcio
Tutto ciò che puoi fare è fare ciò che devi
Fà quello che devi e fallo bene
Così faccio io per te, dolcezza,
non lo sai?

Carico i commenti... con calma