Erano passati solo due anni dal giorno in cui quel ragazzo con la chitarra che cercava di emulare le gesta di Guthrie e Hank e che aveva l'aria un po' alla Jimmy Dean e un po' alla Robert Johnson era arrivato a New York...

Maggio 1963: La Columbia pubblica "The Freewheelin' Bob Dylan", il disco che scatenerà un vero e proprio terremoto nella storia della musica. Solamente un anno prima era uscito l'album d'esordio di Dylan, un disco che dimostrava in modo indiscutibile che quel ragazzo si portava il folk nelle tasche e il blues nella testa, ma con questa seconda prova Dylan mostra di portarsi appresso anche un'altra cosa e questa volta nel cuore: La Poesia.
Il folk, il country, il blues sono dei generi che hanno sempre avuto dei testi molto belli, ma mai fino a questo momento avevano avuto una tale forza simbolica e visionaria come quella che gli donò Dylan.
Dylan compone, suona e canta brani di una bellezza sconvolgente, dimostra di aver carpito il segreto di quei giganti che lo hanno preceduto ed è questo il motivo per cui tutto in questo disco è perfezione!

Che dire delle canzoni quando ormai si è già detto tutto? Chi conosce la musica conosce bene queste canzoni che raccontano di ragazze del nord che vivono dove i venti battono forti alle frontiere, d'autostrade contorte, d'amori finiti, lasciati o peggio e ancora sogni brucianti d'infanzia e ubriachi che sognano la libertà... Canzoni che prima commuovono e divertono, poi denunciano: la guerra, il razzismo, l'ingiustizia... Poi si sprofonda nella visione della apocalisse di A Hard Rain's Gonna Fall, in cui Dylan canta forse la frase più illuminante sul suo misterioso personaggio: " ..saprò bene la mia canzone prima di mettermi a cantare". La risposta soffia nel vento... bè quella risposta è la Musica.

Nulla fu più lo stesso.

 

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