Lo schizzato cabaret, allestito con gavettone di piscio annesso, è una urinoterapia che contrasta i nefasti effetti di questo odierno "Mondo Mortacci". Il terzo capitolo della "trucilogia" allarga all'universalità lanciando strali lucenti di un coattismo trascendentale che arrivano in ogni dove. Già che in pieno periodo pedosatanista, palesato spudoratamente in tutte le salse, meriterebbero una medaglia nel perculare il 666 con le tre S di un Semo Solo Scemi che rivendica la giusta via in questa Cambogia di Kali Yuga. Poi ci sono i fatti in musica e parole che rafforzano il distacco dal mondo fregnacciaro che ci circonda.

Il cocente revisionismo del nostro passato nel pezzo "1984" mi tocca personalmente, perchè il Liverpool appare anche a me, perchè io a quella finale di Coppa Campioni c'ero, in curva sud dove hanno tirato i rigori, dove tutto è finito come sappiamo, dove il mio annus horribilis accademico '83-1984 metteva i puntini sulle "i", dopo che, alcuni mesi prima, mio padre era morto e il mio rendimento scolastico e vitale andava a puttane e nonostante tutto si andava avanti sostenuti dai muscoli involontari del battito e della respirazione. Meno male che la trasformazione del dolore col tempo ti porta fortunatamente ad aggiustare il tiro con gli assolutismi: "Il passato è passato e non torna più, ma rimane, ristagna e condiziona il presente", mica male accorgersi già di questo.

La dannazione della romanità è la benedizione di essersi reincarnati in borgata (coatto wave) in quel triangolo delle Bermude capitolino i cui vertici li identifichiamo nei quartieri Tiburtino, Prenestino, Casilino, con l'opzione sempreviva del Tuscolano, dove alchemicamente tutto si trasforma e il paradigma esistenziale si riassesta su una crocifissione dialettica assente e dialetto interiore presente. Il fluido romano tana il sofismo dell'inganno che ci circonda e assesta un sufismo di una trottola che centrifuga echi di "Embè?" Anch'io mi accodo all'onda scrausa con olezzo dolciastro del ricordo di discariche malagrottare essendo nato e vissuto a Primavalle, a Roma nord. Ma è in quella est che si possono cogliere tutte le meravigliose varianti della cloaca maxima di una decadenza che di per sé forma un altro Impero.

Impeccabili le composizioni musicali con ritmi che descrivono universi sdrucinati dove lo sderenamento è prassi per allenarsi sempre più al "vattelo a pijà 'n der culo" e ad amputazioni psichiche tipo "toji qua'a mano che tta 'a cionco"... Un'assuefazione al "ma vattenaffanculo!", Bombolo permettendo, che diventa chiave per superare le nostre miserie. E lo 'sti cazzi sostituisce la fregatura di competere; noia e disadattamento cosciente ci danno una mano al sottrarsi al gioco del sistema; indigenza e indolenza creano una impermealizzazione alla trappola del partecipare col nostro tacito assenso per poi paralizzare un libero arbitrio che è solo riflesso.

Le paure vengono esorcizzate con allarmi Glu Glu e velenosi pallonari conclami che estendono illimitatamente la presa per il culo del pesce d'aprile. La condanna alla romanità, una volta assaggiata, è irrinunciabile, figuriamoci quando ci nasci direttamente, figuriamoci quando come me ci si è trasferiti addirittura in un altro paese dove inevitabilmente esporti le passeggiate fancazziste di "a noi ce piace de magna e beve e nun ce piace de lavora'..." Onesto il diniego ad un stile di vita bugiardo del sacrificio "grosso e fregnone". C'è un rifiuto all'edulcorazione stile cinematografo dove si abbandonano pose, stili e estetiche costruite che riflettono menzogna.

E non trovate che c'è perfezione in passaggi tipo "Semo Solo Scemi e cerchiamo riparo in un luogo della mente dove musica a palla, zaffate de fumo, buio che non vedi un cazzo, e sagome goth, o non goth. Goth, non goth, mein goth, goth mi tanz" (da Glu Glu Glu), dove perfezione è intesa non come una celebrazione dell'onnipotenza farlocca che ti fa credere che puoi tutto, ma come la mistificazione della presa per il culo, principalmente verso se stessi. E siamo contenti di riscontrare nell'apparente mischione dei richiami una proiezione propositiva nell'etichettare "Ambaradan" (che mi fa rima con "Merulana" e non con tiki-taka) le concitate vicende odierne di questo "mondo scemo impazzito", il giro giro tondo è col "cavallo impera tondo" e non con "casca il mondo". E qui casca l'asino che è in ognuno di noi perchè il combo c'ha sempre un coretto di sottofondo che dice: "c'hai creduto, faccia di velluto"... Pasticciacci escatologici, insomma.

Non c'è scampo per le cazzate, non si dicono cazzate, si è cazzari. Assolutismi impersonali vengono raggiunti definitivamente in osservazioni distaccate: "E viva le pedane quanno so' piene de scemi che se movono co' fumo e raggi laser, co' fumo e raggi laser...", dove c'è una sintesi spietata ma veritiera della condizione di imbambolamento odierno aka "nun se capisce un cazzo"... Democraticamente la mancanza di statisti pettoruti si fa sentire sempre più.

Il trascinamento scrauso della noia di tutti è trattato svogliatamente da chi ha completato i collegamenti bislacchi degli imperscrutabili disegni di Dio. "Lui te dice se stai a sgrava`" previo rimbarza' eclatantemente in una confusione che i BJLFP risolvono dando una chiave di lettura universale che su "King Kong non è come Godzilla" è lampante: "Non c'era bisogno de distrugge' Tokyo, bastava 'no zampirone". Gli affanni effimeri di una corsa alla schiavitù dell'apparenza del riflesso esibizionistico di noi stessi sono stoppate da ombre di "pizzardoni": "Cerco l'autodeterminazione con finalità autorealizzative, per una autocelebrazione egoriferita. Ma c'ho l'auto co' le quattro frecce in doppia fila, e mo' passa il vigile"...

Dunque non sfasciamoci troppo il cazzo perchè nella maggior parte delle situazioni... basta uno zampirone.

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