SMiLE è il titolo di un disco dei Beach Boys che avrebbe dovuto uscire nel '67 e che invece, ad opera quasi ultimata, fu abbandonato per diversi problemi, tra cui la crescente alienazione del leader e compositore Brian Wilson, i suoi problemi con l'LSD e le sue incredibili ossessioni. Il disco avrebbe dovuto essere il capolavoro assoluto dei Beach Boys ma anche rappresentare una grande svolta per la musica pop/rock, svolta che purtroppo, e questa fu forse la goccia che fece traboccare il vaso, fu anticipata da Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Come ha raccontato meravigliosamente Socrates nella sua recensione Wilson capì che loro ci erano arrivati prima di lui e quindi quel disco, che aveva richiesto mesi di duro lavoro e l'utilizzo di innovative tecniche di registrazione, fu dimenticato e da allora la band iniziò un rapido declino artistico lasciando Pet Sounds a rappresentare la vetta compositiva del gruppo. L'album che avrebbe dovuto essere, come recitava il sottotitolo, "una sinfonia adolescenziale dedicata a Dio" era perso per sempre.
O almeno fino al 2004, quando il solo Wilson, con un nuovo gruppo, resuscitò SMiLE in tutta la sua magnificenza e lo presentò al mondo. Il disco è veramente strutturato come una vera e propria sinfonia classica, divisa in tre movimenti: i temi musicali ritornano e i brani si mischiano l'uno nell'altro. I bei cromatismi e le influenze di Gershwin portano SMiLE lontano da quelle canzoni surf degli esordi con cui, soprattutto in Italia, vengono sempre identificati i Beach Boys. A livello dei testi, opera di Van Dike Parks, siamo di fronte ad un concept che propone un'epopea dell'America da est a ovest. Il titolo del disco richiama il clima giocoso dei testi, pieni di giochi di parole inter e intralinguistici, e delle musiche, piene di rumori quotidiani, come nella canzone "Vega-Tables". Se paragonata alle varie registrazioni del vecchio progetto abbandonato che circolano in rete, questa edizione ufficiale risulta estremamente fedele agli intenti e ai suoni originali. L'unico neo del disco è forse la voce dello stesso Wilson, non più giovane e fresca come ai tempi del surf.
Nel disco possiamo ascoltare anche la versione originale di "Good Vibrations", canzone che era stata concepita durante le registrazioni di Pet Sounds, che avrebbe dovuto far parte del disco abbandonato e che infine venne leggermente semplificata nell'arrangiamento e modificata nel testo e fu utilizzata per un altro disco nella sua versione più conosciuta. L'opera è veramente da ascoltare attentamente come una sinfonia, i movimenti sono tutti bellissimi, anche se personalmente direi che il movimento di mezzo è il più riuscito. In ogni caso se questo disco fosse uscito veramente 40 anni fa avrebbe probabilmente rivoluzionato la musica almeno tanto quanto e forse più di quel che han fatto il sergente Pepe e la sua band.
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shooting star
13 ago 08clauderouges
13 ago 08Anonimo
13 ago 08xyz
13 ago 08clauderouges
13 ago 08Anonimo
13 ago 0847
13 ago 08the green manalishi
13 ago 08axel
14 ago 08rikiii
14 ago 08Molto più comodo e sicuro prepararsi al capolavoro annunciato, cercando di tessere le lodi più sperticate possibili tessendo iperboli a più non posso, tanto tutti sarebbero stati d'accordo.
Io, pur riconoscendo a Brian Wilson capacità notevoli ed indiscutibili meriti artistici, credo che, quarant'anni fa come oggi, ci sia in giro roba migliore di questo disco.
sirbony
14 ago 08currahee72
14 ago 08psychopompe
15 ago 08Alfredo
15 ago 0847
16 ago 08clauderouges
17 ago 08Anonimo
14 set 08Quindi basta con sto mito che dopo Pet Sounds i Beach Boys so' morti. E' vero a fine '60 la gente ha guardato da altre parti (non cagandosi per dire cose come white light/white heat per dire), ma ora che ci possiamo sentire i dischi senza nessun frastuono attorno è palese la bellezza dell'operato di Brian Wilson e soci dal '66 al '71. Non è una sopravvalutazione.