Gentilissimi DeBaseriani, sicuramente il mio nick non vi suonerà familiare. Questo perchè mi sono iscritto da 2 minuti, nonostante frequento questo sito da mesi. Ho pensato fosse opportuno dedicare la mia prima recensione al mio cantante preferito, nonchè all'album che in questo periodo mi sta accompagnando; ovvero: Bruce Springsteen con il suo ultimo album "Working on a dream" (è la prima recensione quindi... abbiate pietà).
Bruce Springsteen ha scritto capolavori assoluti negli anni '70. Si è fatto conoscere alle grandi masse negli anni '80 con le 25 milioni di copie vendute di "Born in the U.S.A.". Ha subito un blocco creativo (con relativi cali di vendite) negli anni '90. E ora, giunti ormai alla fine di questo decennio, lo ritroviamo qui col suo quarto album di inediti in 7 anni, e soprattutto a soli 1 anno e 3 mesi di distanza da Magic. Questo "Working on a dream" è forse l'album del Boss che più di tutti ha diviso critica e fan. Ma si sa, ripetere il vertice creativo degli anni '70 non è possibile. Chiunque al giorno d'oggi riuscisse a scrivere belle rock song come quelle che circolavano in quel periodo sarebbe, non dico un genio, ma addirittura un Dio. E Bruce non è un Dio, ma un onesto songwriter alla soglia delle sessanta primavere. E quindi è chiaro che non abbia più l'ispirazione giusta per scrivere di eroi della strada, fughe verso la terra promessa, notti spese alla ricerca di un qualcosa. Quindi egli cerca di descrivere la vita intorno a lui, a partire dal suo amore per Patti Scialfa (tema principale del disco) per poi scrutare con occhio critico l'america ma con un tocco di ottimismo (sì, perchè quasi tutte le canzoni sono state scritte quando alla casa bianca sedeva Bush, mentre l'album è uscito pochi giorni dopo l'insediamento di Obama).
In poche parole "Working on a dream" è un album che parla d'amore. Un amore che può avere varie letture, tanto da poter tranquillamente dedicare la title track del disco al neo presidente Obama. Altrimenti poteva essere letta come una normalissima canzone d'amore. Il disco si apre con "Outlaw Pete", una canzone che non centra niente con il resto del disco, ma ci dimostra come il rocker del New Jersey sia ancora capace di scrivere dei piccoli film. Con la sua durata di 8 minuti e un testo che potrebe benissimo diventare lo spunto per una sceneggiatura, molti hanno gridato al capolavoro. Io penso invece che la canzone, con un pò meno di archi e con una maggiore attenzione al suono caratteristico della E street band (ad esempio un assolo di sax) avrebbe reso di più. Rimane comunque un ottima canzone e un ottima ouverture. Segue "My lucky day" il classico pezzo rock alla E street band. Non fosse per il violino potrebbe sembrare un'outtake di "The river" (1980). Un ottimo pezzo in cui si sente tutta la band, dove fa il suo ingresso nell'album il sax di Big Man. Il pezzo più "da concerto" del disco.
"Working on a dream" è il primo singolo. Canzone criticatissima perchè ritenuta troppo morbida, per non parlare del polverone che si è sollevato per la fischiatina dopo il secondo ritornello. Io la reputo invece una canzone molto dolce e spensierata. Una di quelle canzoni che ti fanno iniziare la giornata col sorriso. "Queen of the supermarket" è una canzone con un testo alquanto bizarro. Per via che la protagonista è la cassiera di un supermercato che fa innamorare il protagonista. Il tema diventa un pretesto per criticare il vivere frenetico delle persone che tra le "grocieries" e la "shopping card" non si accorgono di avere davanti a loro "Qualcosa di meraviglioso e raro" che "Anche se il cappello le copre i capelli, niente può nascondere la bellezza che attende laggiù". All'inizio ricorda qualcosa dei primi anni '80 (sempre The river) poi il suono comincia a pasticciarsi, e anche qui gli archi la fanno da protagonista. Canzone che all'inizio lascia perplessi ma che dopo qualche ascolto diventa irresistibile. "What love can do" è forse insieme a "My lucky day" il pezzo più rock del disco. Considerata dallo stesso Springsteen "Una sorta di meditazione dell'amore ai tempi di Bush". Grande canzone. "This life", giudicata malignamente la più brutta canzone del nostro, è invece la classica canzone di BS and the ESB questa volta però ricoperta da quel tappeto sonoro che fece il suo esordio nel precedente "Magic", specialmente in "Girls in their summer clothes". Si sente il piano, l'hammond e, dulcis in fundo, un bellissimo assolo di sax del mitico Big Man (purtroppo questo e quello di MLD sono gli unici interventi del sassofonista).
"Good eye" è la sorpresa del disco, un bluesaccio che sembra arrivare dagli anni '50. Con un testo molto minimale e la voce distorta. "Tomorrow never knows" è il classico brano country che non dice niente di nuovo ma lascia una sensazione piacevole. "Life itself" è un brano dal testo molto bello ma musicalmente non convince più di tanto. A parere mio è l'unica canzone che spinge il dito a cliccare la traccia successiva. "Kingdom of days" io la considero la classica canzone da vecchio (nel senso buono del termine), soprattutto grazie al verso "sdraiati sotto le coperte a contarci le rughe e i capelli bianchi". La musica è molto melensa, ricorda qualche vecchio brano di Neil Diamond, ma io la reputo molto dolce e in certi momenti emozionante. "Surprise, surprise" è forse la canzone più semplice che Bruce abbia mai pubblicato con la ESB. E' molto orecchiabile e divertente, però qui posso capire l'imbarazzo che provano i fan di vecchia data, dover passare da "Jungleland" a "Sorpresa, sorpresa" non deve essere facile. Il disco si chiude ufficialmente con "The last carnival" una canzone emozionante dedicata allo storico tastierista della band Danny Federiti scomparso lo scorso aprile. La canzone è tra i punti alti del disco. E per finire definitivamente ecco "The wrestler", canzone scritta per l'omonimo film. Altro capolavoro. Non c'è la ESB ma solo Bruce con la sua chitarra acustica e un pianoforte. Una canzone da brivido.
Concludo scrivendo che "Working on a dream" non è di sicuro un capolavoro, e non è questo l'album con cuo Springsteen salverà la sua immagine di miglior rocker vivente. Ma è sotto certi versi qualcosa di diverso. Un cd di canzoni intime che Bruce avrebbe potuto suonare da solo e invece ha chiamato la sua storica band per dare un contributo non indifferente. Certo, gli anni '70 e '80 rimangono distanti anni luce, ma è giusto che sia così. Cambiano gli anni, cambia la società, cambia il contesto storico.... e cambiano le canzoni. E a me fa piacere senitire Bruce Springsteen e la E Street Band con canzoni così rilassate e ottimiste come mai prima d'ora. Quindi io che non mi permetto di pretendere una nuova "Born to run", sono più che felice di avere tra le mani "Working on a dream".
Alla prossima...
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