I Bruxa sono una nuovissima realtà dell'underground elettronico statunitense. "VictimEyez" è il loro primissimo full-length dopo l'EP del 2011, "Eye On Everybody".

Provenienti esattamente da Portland, i Bruxa sono un trio dedito ad un nuovo genere, o presunto tale, chiamato Witchstep. Essi stessi e la loro casa discografica, la Mishka, che ha curato la pubblicazione in free download dell'album, descrivono la proposta della band con questa parola, sostenendo che le radici dei tre rappresentano una importante e futuristica derivazione della Witch House, un ramo della musica House tradizionale, originatosi agli albori del 2000 sempre negli Stati Uniti e che univa ad essa sonorità più rallentate e pesanti derivate da altri generi come il (o la, boh), Chopped'n'Screwed, lo Shoegaze e la Drone Music, a costituire un genere musicale dalla forma canzone grave e slabbrata.

Da qui emergono i Bruxa, recuperando queste sonorità e arricchendole con elementi Dubstep, ritmi derivati dal rap più oscuro di artisti come Dälek e Death Grips, ma soprattutto sonorità buie provenienti dall'Industrial e e dalla Dark Wave. 

VictimEyez sguazza proprio nel mezzo di questo marasma claustrofobico ed incandescente, rivelandosi una vera e propria gemma nera di elettronica negativa, molto introversa ed occulta. Nelle dieci tracce del disco, nessuno spiraglio di luce. Tessiture di sintetizzatore elettriche e taglienti, campionamenti industrial e uso del sequencer a là Front Line Assembly, drum machine metallica e dai suoni corposi, con spesso forti riverberi uniti a percussioni vagamente tribali, con qualche sparuto Amen Break spesso posto in contrasto con vere e proprie sonorità Techno o Dubstep. Ma non quella Dubstep colorata di cui si fa uso e abuso nel fenomeno Harlem Shake o nei vari tormentoni virali di YouTube, ma quella che al limite suonerebbe Roy Batty di Blade Runner, inc*zzato nero nei momenti di svago. A rendere ancora più convulsa e mortifera la musica del disco, ci si mette la voce della cantante Bianca Radd, shamanica e ribelle acida allo stesso tempo, la percepisco come una sorta di medley tra la solenne Diamanda Galas e la fresh and clean, ma mica tanto, Alice Glass dei Crystal Castles.

Mothersnapper apre il disco, ricordandomi vagamente le parentesi più oscure dei Nine Inch Nails. Segue V?! , tagliente come una motosega e cadenzata come un M16 . Paperweight Pt. 1 & 2, sono la botta sonica del disco. Specialmente la prima, che ad un iniziale ritmo Dubstep, abbina un breakdown di bassi distorti alle preghierine contorte della lead singer. La parte centrale del disco è la più oscura e ricercata, con richiami all'Industrial seminale dei Current 93 (Roll Sharp) e a quello più metallico, fatto di piogge di percussioni, di KMFDM e Pitchshifter (Human Minds, Trill Witch, Quebrar Cabeca). 

Il disco si spegne con la traccia più "morbida" del disco, Abortos Para Todos, enfatizzata soprattutto dalla prova sospirata e melanconica, ancora una volta, di Bianca Radd che, nell'atmosfera cibernetica che si dissolve sotto la sua voce, pone la cesura su un buonissimo album, originale e coraggioso per la proposta musicale e che pone i Bruxa come una delle band più promettenti all'interno del filone più oscuro e sperimentale della musica elettronica americana.

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