Tucson, Arizona.

Qui nasce la musica del duo Joey Burns/John Convertino altrimenti noto come i Calexico.
Questa precisazione logistica è fondamentale per capire la musica da loro espressa. Deserto per chilometri intorno a loro, il Messico è li, a pochi passi, oltre la frontiera. E poi quel sole che spacca le pietre, che brucia tutto. Quel sole che comunque splende ed illumina ogni cosa. E il nostro duo (basso e percussioni) conosce bene quei luoghi, tanto bene che la loro musica ne è lo specchio, è il deserto in note, spartiti di lande assolate, melodie di frontiera. I Calexico (che sia un mix tra California e Messico?) sono capaci di mostrarci la luminosa ed allo stesso tempo solitaria vita in quella cittadina persa in quelle terre bruciate dal sole. Eccolo, direte voi, ho ripreso di nuovo a delirare su come la musica possa trasportarci lontano, di come gli strumenti assumono nuovi ruoli, e la poesia, e la melodia...
Ok, ok, potrei parlarvi della splendida overture iniziale, la strumentale “Gypsy's Curse”, un concerto per chitarra, fisarmonica, violino e violoncello, o il ritmo di “fake fur” scandito da percussioni caraibiche, della splendida “Over your shoulder” magnifica ballata strumentale. Oppure raccontarvi della lunga militanza dei due Calexico nei Giant Sand, o delle loro collaborazioni con Friends Of Dean Martinez o con Lisa Germano...
Ma a che pro? A cosa servono dettagli tecnici quando è la loro stessa musica a parlarci? Quando una “Frontera” ci proietta ad una festa messicana, o “Minas de cobre” ad un concertino nel mezzo del deserto, ed ancora “Missing” davanti ad un fuoco da campo allestito in una notte stellata?

No, le recensioni tecniche le lascio per altri dischi. I Calexico sono l’Arizona, sono il deserto di frontiera, la solitudine e la luminosità di quegli spazi vuoti. Niente di più.
A voi giudicare le mie parole, e, sono sicuro, i Calexico sapranno convincervi...

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