Italians do it better: part 2
Detto, fatto. Due anni dopo l'assalto a mano armata dell'esordio omonimo, i Calibro 35 da Milano (odia), Italia, la mettono giù davvero pesante e confezionano un seguito da cardiopalma, ansante, bisunto e rugginoso come le pallottole di cui rievocano, felicemente, traiettorie, bersagli e certezze di vittoria. Armi da fuoco la cui canna, già abbastanza larga per denominazione, è destinata a disegnare circonferenze ancora più ampie. Un'attitudine più sudicia, meno filologica ma, udite udite, su tredici brani in scaletta ben otto sono originali. Tolto l'ovvio Morricone, oggetto di attenzione, ormai, anche delle band goregrind nepalesi, le altre quattro macchie d'olio sull'asfalto sono un messaggio ben preciso diretto a Gianni Ferrio, Piero Umiliani, Riz Ortolani e Stefano Torossi. Un guanto di sfida che adombra appena l'imponente lavoro, questa volta, di costruzione e non solo di rielaborazione, anche se impegnato maggiormente, obbligatorio dirlo, più dall'altra parte dell'oceano, zona Stax, che nelle scarrozzate giù per lo Stivale a ritmo di prog e funk.
E italians do it better davvero, se si pensa che uno dei brani autografi, la tonitruante apertura con "Eurocrime!", sia candidato, in via definitiva, a perdere il ruolo subalterno di "falsariga" per divenire pienamente colonna sonora, più nello specifico dell'interessante documentario di Mike Malloy intitolato "Eurocrime! The Italian Cop And Gangster Films That Ruled The '70s", incentrato su voi-avete-naturalmente-capito-cosa. Non ci si stupisca granché di questa vera e propria investitura, giacché il brano è bello davvero, tostissimo soprattutto, ambientato in nere suburbie dove il riff portante (ad opera di Massimo Martellotta) squarcia il tappeto samba creato da Enrico Gabrielli (Mariposa, Afterhours) così come una sirena di polizia crea il panico nella malavita dei quartierini di periferia. Sbagliatissimo pensare, d'altro canto, che l'anima rock del supergruppo - per una volta che non viene usato il termine a cazzo, che ci vuole a metterlo qui? - abbia firmato il proprio testamento solo in virtù di quest'impennata di gusto blaxsploitation (che riappare sfrontata, sullo shake di "Convergere In Giambellino", e appena mediata da un gusto erotic-lounge col coltello fra i denti in "Gentil Sesso E Brutali Delitti"). "Piombo In Bocca" è uno spietato panzer che avanza, cigolando ed ancheggiando, con un wah wah lacerato in due da una peccaminosa sezione fiati. Vi è poi, addirittura, un paso doble efferato su "Il Ritorno Della Banda", suddivisa in due parti - la prima tete-a-tete solitario alla Piccioni, la seconda quadratissima, nell'iterarsi compulsivo dell'attacco principale, sfilacciato secondariamente da banchi di vibrati - per meglio permeare il messaggio.
Poi, i grandi classici. La cui scelta, mi si permetta, è stata questa volta ancora più fortunata della precedente, perché contraltare perfetto delle piccole manchevolezze in cui incappa una scrittura personale non ancora al meglio delle potenzialità (velleitaria, ad esempio, la conclusiva "Si Dicono Tante Cose..."). Il bottino, già di per sé nutritissimo, cresce esponenzialmente. "La Morte Accarezza A Mezzanotte" - dall'omonimo film di Luciano Ercoli, 1972 - è niente meno che straniante, in un continuo botta e risposta acid prog che glissa su di un lugubre carillon e su coltri tastieristiche di potenza subconscia terrificante. "Milano Odia: La Polizia Non Può Sparare" ha l'incedere marziale delle sanguinarie imprese di Giulio Sacchi, con un folleggiare di basso risospinto, a piè pari, da stoccate di chitarra. Particolare la scelta operata per "Cinque Bambole Per La Luna D'Agosto", sotto la quale non si nasconde il tema centrale dell'omonima pellicola di Mario Bava del 1970, bensì un brano secondario della soundtrack originaria, "Ti risveglierai con me", composto da Umiliani con il Balletto Di Bronzo, storica formazione prog degli anni '70. Ciò che ne viene fuori è micidiale, un frammento caleidoscopico prog-funk di poco più di due minuti dalla presa immediata e dalla resa notevolissima. "Sweet Beat" di Torossi diviene "Sospesi Nel Traffico", afoso crocevia andaluso con profondi respiri pianistici, quando "Il Consigliori" (di Alberto De Martino, 1973) mantiene integra la sua carica di fascinoso noir psichedelico dalla facile deflagrazione.
Mentre voi vi affannate, loro ridono. E vincono. A mani basse. Ancora una volta.
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