Cosa accadde nel mondo del Canterbury Sound a cavallo tra gli anni '60 e '70 è un dato ormai rilevabile da diverse recensioni già pubblicate. Quello che volevo fare con questa recensione è spingermi un poco oltre e arrivare a colmare alcuni vuoti temporali.
Il disco d'avvio della nuova era Caravan è questo "Waterloo Lily" e gli elementi che lo distinguono dalla precedente produzione non sono molti, ma sono determinanti. Innanzi tutto il grandissimo David Sinclair lascia il gruppo e al suo posto subentra l'ex Delivery Steve Miller, da non confondersi assolutamente con il rocker americano, ma fratello del più noto Phil, chitarrista con Matching Mole, Hatfiled and the North, ecc.
Questo cambiamento risulta determinate per il differente approccio stilistico dei due, più prog in senso stretto quello di Sinclair, più jazz e avanguardistico quello di Miller (ampiamente dimostrato anche nei successivi lavori con Lol Coxhill - presente in questo disco come ospite al sax). La fase compositiva di questo lavoro, quindi, inizia a pendere fortemente a favore di Richard Sinclair e Pye Hastings (rispettivamente basso e chitarra) e il disco generato assume una forma che si avvicina più al jazz-rock potente e strutturato, piuttosto che al suono canterburyano più classico dei due precedenti lavori. Quindi essenzialmente quel che si perde, anche se non completamente, è la componente psichedelica. Stiamo ancora parlando di un disco di livello enorme anche se ai brani principali, più lunghi e di più elaborata composizione, vengono affiancati brani più brevi e di più immediato approccio.
Tralasciando la riedizione con alcuni brani inediti, avanzati alla registrazione e quindi, a parer mio, inferiori, vorrei concentrarmi sul disco originale che, come impatto immediato, presenta un'altra splendida copertina e il cui ascolto parte decisissimo con la title track, il brano che maggiormente lega questo lavoro allo splendido precedente "In The Land Of Grey And Pink". Questo "signor" brano oltre ad essere l'ipotetico trait d'union con il precedente disco è anche quello che si può definire la cosa più cerebrale, contorta e per certi aspetti ostica, mai fatta dai Caravan, che sotto un'apparente linea melodica piuttosto diretta porta un arrangiamento veramente underground. La voce di Richard Sinclair è tra le più calde e trasognanti del panorama prog e in questo brano ti penetra convincendoti che è lui ciò che vuoi ascoltare dai Caravan, null'altro. Ma di altro ce n'è... eccome. Altri due capolavori si offrono all'orecchio dell'ascoltatore "Nothing At All": una pulsazione jazzata con un basso micidiale, uno sviluppo di sassofono ai vertici del genere e uno stacco centrale di piano jazz, da parte di Miller, semplicemente perfetto. E ancora "The Love In Your Eyes" che, nella costruzione, ricorda un po' quel colpo di genio che fu tre anni prima "For Richard": un avvio melodioso, arpeggi e cantato per arrivare ad una esplosione di sonorità jazz-rock di flauto e ritmi complessi.
A corolla di questi gioielli tre brani brevi "Songs and Signs", "Aristocracy" e "The World is Yours" che, come detto, sono di approccio più immediato pur conservando una grande maestria di intenti e di utilizzo dei suoni.
In conclusione un episodio diverso dai precedenti ma grande nel suo perfetto equilibrio prog. L'edizione con i brani aggiuntivi se la potevano tranquillamente risparmiare e consiglio a chi volesse acquistarlo di cercare l'originale DERAM della prima edizione digitale. Meglio per chi riuscisse a trovare il vinile, così da gustarsi bene tutta la copertina e le molte note interne, che sul CD non hanno trovato spazio.
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