Inizialmente avevo intenzione di recensire l'ultima fatica di Cat Power, l'ultimo e attesissimo "Sun". Poi, come capita, mi sono ritrovato ad ascoltare l'immacolata registrazione di questo concerto che concerto non è (se lo è, lo è solo nei limiti del possibile) e mi sono lasciato violentare dai suoi suoni densi, neri e ossessivi, che si presentano come un cupo e scarno susseguirsi di lamenti per voce e chitarra.

Durante il primo periodo della sua carriera la nostra lei ci aveva abituato alle sue atmosfere minimali, a quelle sue degenerazioni vocali incontrollate e a quell'esistenzialismo talmente schietto e spietato, nella musica e nelle parole, da risultare per molti indigeribile. Eppure il 18 Settembre del 1996 ingabbiata tra le mura del Black Cat a Washington supera se stessa o, se preferite, supera quello che si potrebbe forse definire il limite massimo ed estremo della sofferenza forzata in musica. Chan si lascia trasportare dalla sua stessa voce e dal sempre più rassegnato e dolorante cinguettare della sua chitarra e si butta a capofitto, senza concedersi tregua, nell'esecuzione di otto brani che fanno di tutto per amalgamarsi e compattarsi tra loro in unico blocco, un solo set fatto di suoni e impressioni emotive indivisibili.

Il pubblico sembra assente, forse impietrito, forse incantato, forse e molto più verosimilmente ipnotizzato. Perchè la voce di Cat Power ha qualcosa di ipnotico, lo sappiamo, qualcosa di vellutato e irraggiungibile e forse è proprio nella sua voce, nel suo più grande dono, che troviamo il coraggio di immaginare le sua musica come un'esperienza emotivamente sopportabile. Cat Power fa il suo dovere, quasi sempre l'ha fatto, ovvero liberare se stessa e liberare l'ascoltatore dalle ombre e dai fantasmi ormai quasi incancreniti dentro di noi e sembra volerci imporre a tutti i costi l'accettazione del dolore, della sofferenza e del complicato intreccio di emozioni che spesso non facciamo altro che allontanare. Di fatto, appunto, il silenzio e la paralisi regnano sovrane e incontrastate per tutto il tempo tra l'artista e il pubblico presente incapace di esprimersi durante il set e che applaude soltanto alla fine del concerto. Un momento musicale decisamente cupo, mentalmente molto "spinto" e violento dunque, che può piacere a pochi ma che dovrebbe interessare molti. Un cupo gioiellino, una perla nera, violenta testimonianza di una carriera difficile; una registrazione fondamentale per chi ama Cat Power, una sfida pericolosa per chi non l'hai mai ascoltata.

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