L'Emilia, negli anni, è stata il serbatoio di pulsioni musicali più o meno avanguardistiche e, nel contempo, fortemente tradizionaliste. Dal bel canto all'italiana di Gianni Morandi al cantautorato profondo di Guccini, dal blues nostrano di Zucchero al rock (almeno inizialmente anarchico) di Vasco Rossi. In mezzo gli Skiantos e i CCCP, poi CSI, infine PGR. Due gruppi tra i più atipici del panorama musicale italiano, indefinibili, soprattutto i primi, più punk i secondi. Che punk lo sono stati di sicuro, ma con un punk tutto tricolore e un po' fuori dal tempo, visto che il loro primo album, "Compagni, cittadini, fratelli, partigiani", è del 1985, e il punk in America era già bello che esploso, se non quasi fuori moda.

Giovanni Lindo Ferretti (1953, voce e testi), Gianni Maroccolo (basso), Francesco Magnelli (tastiere) e Massimo Zamboni (1957, chitarra) hanno già chi più chi meno quasi trent'anni appena esce il primo loro album. Un età adulta, non certo degli esordienti pivellini. Hanno introiettato tutta la tradizione emiliana del liscio e hanno ascoltato tutto il punk d'oltreoceano, o comunque quello che andava ascoltato, l'hanno miscelato e ne hanno fatto un genere. Che hanno creato loro.

Se il primo disco appare ancora un po' acerbo (ma c'è già "Mi ami?", la più bella canzone d'amore punk mai scritta) è con il loro secondo lavoro che daranno fiato all'angusto panorama musicale italiano che in quegli anni, siamo nel 1986, vedeva, in parte, la fine del cantautorato più classico (gli anni '70 erano finiti da un pezzo) e l'apogeo della new wave.

Arrivano, cantano, suonano e in 38 minuti scarsi rendono, subitaneamente, il mondo musicale italiano più interessante e più bello. Non inganni il titolo dell'album (che fa riferimento ad un titolo di un articolo apparso sul "Quotidiano del Popolo" nientemeno che nel 1962), il disco non è politico, o almeno non lo è visceralmente. Il gruppo è senza dubbio proveniente da ambienti di sinistra, ma qui si vuol raccontare dell'altro. Esemplare nel caso la celeberrima "Io sto bene", il cui ritornello declama: "Non studio, non lavoro, non guardo la TV, non vado al cinema, non faccio sport". I CCCP vogliono raccontare la noia e lo stato esistenziale del vivere in provincia. Da questo punto di vista mirano al bersaglio e fanno centro, gli adolescenti italiani si rivedono in queste parole, nonostante, come dicevo, il gruppo avesse passato da tempo l'età dell'adolescenza.

Fanno seguito una serie di slogan questi sì politici che passeranno alla storia: "Tifiamo rivolta" ("Trafitto") al celebre "Produci, consuma, crepa". Il punto è semplice, e complesso nello stesso momento: fedeli alla linea e alla musica i CCCP raccontano una loro visione del mondo, a volte di un microcosmo che si vuole espandere a rappresentazione di ben altro, utilizzando una nuova forma di comunicazione, lontana anni luce da quella del cantautorato. Vicina ai Ramones, per capirci. Ergo, canzoni brevi, assalti chitarristici di ampio respiro e brani brevi, tranne poche eccezioni, in cui conta lo slogan efficace, il concetto raccolto in poche immagini e le parole pesanti come pietre. Se Guccini impiegava dieci minuti a raccontare una storia, i CCCP ce ne mettono due e un quarto delle parole del Maestrone. Iconoclasti fino all'estremo, definiti ortodossi, il loro modo di narrare la vita è, dunque, una delle più belle rivoluzioni musicali italiane di sempre.

Da segnalare, almeno, "Curami" con l'ossessivo e mantrico "Sono la terapia", e l'ossessività è uno dei motori della loro musica, e la finale, incredibilmente lunga, "Emillia paranoica". Sette minuti di delirio e casino apparentemente scombinato. Gustosissima invece "Valium Tavor Serenase" che mescola al punk, ça va sans dire, la casadeiana "Romagna mia" con parole nuove.

Stampato da una etichetta indipendente, la Attack Punk, l'album vendette molto e diventò in breve tempo un fenomeno di costume, tanto che il gruppo venne scritturato dalla Virgin per il disco successivo, con grande scorno dei fans forzatamente oltranzisti che li ribattezzarono il gruppo fedele alla Lira, e non più alla linea.

Ristampato nel 2008, con nuove versione remixate, pardon, come scritto sul CD, remiscelate. Perchè sarà anche punk, ma l'italiano è importante.

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